“ALLO INDOMANI ERA MALATO”
OVVERO, LA LINGUA DESUETA DI FOSCA

Il povero Igino “Ugo” Tarchetti, morto neanche trentenne di tifo nel 1869, lasciò incompiuta la sua opera più nota: “Fosca” (Oscar classici Mondadori, 1981 > 1993, pp.170 scarsamente inchiostrate), che fu completato da un amico e pubblicato quello stesso anno.
Ebbene, un secolo e mezzo dopo, ci colpiscono i suoi stilemi ottocenteschi, che andiamo ad elencare:

la prima persona dell’imperfetto è sempre uguale alla terza: “Io mi vedeva isterilire, immiserire, deperire”;
sieno per siano;
zolle abborrite;
tussilaggini, fuxie, azzalee, foglie d’ellera;
meco, seco;
– profferii;
– affissarla per fissarla!
pioggie, eccheggierà, passeggiera;
“Allo indomani era malato” (io!);
cotesta accarezzevoleapersi, scopersiesitanze per esitazioni irrugginiti
– scherzevolmente;
in fatto per infatti;
frastagli di carta;
ci conobbimo;
diressi per spedii;
pel per per il;
cogli per con gli;
colla per con la;
“E’ egli vero? E’ ciò realmente accaduto?”
ascose per nascoste;
quind’innanzi per tra poco, poi;
indarno per invano;
disprezzevole;
imprendo per inizio per intraprendo;
niuno;
aveva d’uopo per avevo bisogno;
in mia casa;
ospitale per ospedale;
avvezzato per abituato;
a fin di tavola per a fin di pasto.

E qui c’interrompiamo, dopo appena trenta pagine, frastornati come la voce narrante: “Non solo quelle grida erano orribilmente acute, orribilmente strazianti e prolungate, ma io non aveva immaginato mai che vi potesse essere qualche cosa di simile nella voce umana; o essendovi, non mi pareva possibile che l’uomo da cui era uscito una volta un tal grido potesse vivere ancora.”

E infatti si tratta di una donna, e lui lo sa!

M. M.

***

 

CONDIVIDI