A ROBINSON CRUSOE MANCAVA UN VENERDI’

Il 7 settembre 1965 Sansoni pubblicò per il numero 6 dei suoi quattordicinali da 450 Lire il volume “Robinson Crusoe” di De Foe: 624 pagine comprendenti Introduzione, nota biobibliografica ed entrambe le parti del capolavoro uscite nel 1719, quella ben nota e il seguito di qualità inferiore.

Al traduttore Alfredo Rizzardi vi è poco da imputare: un ‘rassodassi’ per ‘rinsaldassi’ a pagina 35, un ‘m’apparì’ per ‘m’apparve’ a pag. 127 e poco altro; è invece con l’Autore che occorre prendersela per una serie di imprecisioni a dir poco sconvolgenti, su questioni di spazio-tempo.

Il futuro naufrago nacque, a pagina 23, “l’anno 1632” e a pag. 163 veniamo a sapere che il giorno esatto fu “il 30 di settembre”, lo stesso del naufragio del 1659 (v. p. 94), però Robinson fa confusione, poiché dichiara di essere stato miracolosamente salvato “lo stesso giorno ventisei anni dopo”. E invece sono 27.

Ma la confusione maggiore sorge dalle pagine del famoso Giornale che il naufrago prende a vergare proprio dal 30 settembre 1659, e per due ragioni fondamentali: a fine giugno 1660, dopo vari giorni di febbri malariche, sospetta di aver perso almeno un giorno nella conta delle tacche (dalle quali aveva peraltro smesso di segnare le domeniche), ma soprattutto a pag. 97 vi è l’erronea annotazione che l’11 novembre 1659 sarebbe stata domenica.
Consultando il calendario perpetuo abbiamo verificato che si trattò di un martedì, per cui anni dopo, a pag. 234, quando decise di battezzare col nome di Venerdì il suo futuro servo-compagno, “cioè quello del giorno in cui gli avevo salvato la vita”, Crusoe non poteva davvero sapere di che giorno si trattasse!

Altre incongruenze di Robinson-De Foe si riscontrano a pag. 65, dove confonde Guyana con Guinea; a pag. 138, dove scorge numerosi pinguini in quell’isola pochi gradi a nord dell’Equatore nell’Atlantico; e a pag. 148, dove finalmente riesce a far pronunciare al suo pappagallo il fatidico “Loreto!” e commenta: (…) fu questa la prima parola che udissi da labbra (sic) che non fossero le mie”.

Concludiamo con la più buffa a pag. 80; dopo aver già subito quattro naufragi e una prigionia come schiavo, Robinson ha la bella levata d’ingegno di affermare: “La mia buona stella cominciò ora ad abbandonarmi”. Perseverante!

M. M.

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