I DILEMMI DI WALLANDER

Nel suo bel tomo del 1996, “La quinta donna” (Marsilio, 1999, 560 pp. senza Indice!), Henning Mankell, “lo scrittore svedese più tradotto nel mondo”, dà prova per l’ennesima volta di non sapersi destreggiare coi tempi, i luoghi e gli accadimenti della sua stessa trama.
Invece sa benissimo come si chiama il protagonista e vuole inculcarlo bene nella testa del lettore: il cognome Wallander, trascurando le frequenze minori, compare 6 volte in 85 pagine, 7 in 68, 8 in 36, 9 in 16, 10 in 15, 11 in 7, e persino 12 in due (pp. 262 e 356): un autentico beniamino !

Ma veniamo agli errori gravi. Tra le pagine 21 e 28 passano incredibilmente meno di venti minuti tra l’ultima poesia scritta da una 78enne vittima, il suo farsi attrarre dal carnefice, cadere in trappola e morirvi: “Erano appena passate le undici di sera quando finalmente riuscì a portare a termine la poesia.”“Tento’ ancora una volta di uscire dal dolore. Poi tutto finì. Erano le undici e venti, la notte del 21 settembre 1994.” … Alle pagine 364 e 461 atroce contraddizione: “… è rimasto trafitto su quelle canne di bambù molte ore prima di morire”. “I medici legali sono riusciti a stabilire che è morto nella tarda notte del 21 settembre”. Cioè in pratica il 22.

Gli stessi che a pagina 149 “Hanno dei risultati preliminari. Il problema è che hanno difficoltà a capire cosa vogliamo sapere esattamente.” Ma come è possibile?! Malasanità a posteriori anche in Svezia?

Un diario a fisarmonica tra le pp. 127 e 131: “La prima annotazione era stata fatta nel novembre del 1960. L’ultima a luglio del 1961.” Ma poi: “Il diario copriva alcuni anni della vita di una persona”. C’era parso solo nove mesi circa.

Stesso diario enigmatico alle pp. 130, 132, 133: “La prima annotazione era stata fatta il 20 novembre 1960.” “A giugno del 1960, parte in treno e lascia la Svezia.” “Il 12 giugno arriva a Bruxelles” “Descrive questo (…) più avanti nel diario, il 20 novembre 1960.” Correggere le date!

A pag. 173 “W. incominciava ad avere freddo”. Ma poi, a pag. 175: “W. incominciava ad avere freddo”. Che freddo in Svezia!

A pag. 203 “I corvi avevano smesso di volare rumorosamente (sic) intorno al punto dove era rimasto infilzato sulle canne di bambù”. Peccato che alle pp. 74, 76, 77 si trattasse di ‘cornacchie’, come ribadito peraltro a pag. 456, prima riga.

A pag. 207 “Anche se se lo era aspettato, W. rimase sorpreso”.

A pag. 291 “W. si rese conto di ricordare il caso. Erano state fatte molte ipotesi.” Ma neanche mezza pagina dopo: “Ricordo di aver letto molti articoli sul caso. Sono state fatte delle ipotesi?”.

A pag. 327: “Alla luce della cenere osservò la sua mano. Era calma”. Magari ‘brace ardente’?

A pag. 435 “W. era certo di avere avuto una conferma, anche se non sapeva esattamente di cosa”. Andiamo bene!

A pag. 471 “La donna si presentò e li fece accomodare nel salotto”. Ma se l’avevano già incontrata a pag. 434: “L’incontro con la madre di Katarina Taxell non diede alcun risultato”.

A pag. 473 la stessa continua a dimostrarsi un po’ confusa: “Sapevi che maltrattava e picchiava Katarina?” Otto righe dopo: “Vuoi dire che la picchiava?”.

Strani treni pleonastici a pag. 496: “Lavoravate su un treno che faceva la spola tra Malmò e Stoccolma e viceversa”.

Concludiamo con un interrogativo per il traduttore Giorgio Puleo, vent’anni dopo: ma lei proprio non si accorse di tutte queste ‘chicche’? E nessun altro in Marsilio aveva il potere di correggerle?

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MANKELL SENZA WALLANDER
SBAGLIA UN PO’ MENO

 

Nel suo ‘miglior thriller’ (secondo lo Svenska Dagbladet), “Il cinese” (Marsilio, 2009, 590 pp. senza Indice!), gli errori sono meno frequenti del solito, ma non mancano certo:

a pagina 21 un malcapitato testimone di una strage raccapricciante prende visione solo di due vittime sulle 19 totali di un villaggio sperduto nell’inverno svedese: “Sul pavimento della cucina c’era il corpo di una donna anziana. La testa era quasi staccata all’altezza della gola. Di fianco a lei c’era il cadavere di un cane tagliato in due. Nell’ingresso (…) intravide un uomo disteso sul pavimento del soggiorno. Il vecchio era nudo. La schiena coperta di sangue.” Ma a pag. 29, quando la polizia referta l’eccidio elencando i cadaveri casa per casa, alla Casa numero 3 han trovato: “Donna sul pavimento della cucina. Spina dorsale spezzata in più parti. Cane di razza incerta, mutilato, al suo fianco”. E il marito che ulteriore fine ha fatto ?

Banale incongruenza anagrafica tra le pp. 91 e 93: “August aveva novantasei anni, (…) era nato nel dicembre del 1910.” Ma l’azione si svolge a gennaio 2006, quindi ne aveva ancora soltanto 95.

Alle pp. 133-134 un giornalista dà prova di sapere di certi quaderni e lettere di cui, a quel punto, solo l’Autore, la protagonista e il lettore sono a conoscenza.

A pag. 220 si cambia secolo: “Una sera dell’autunno del 1868.” A pag. 225: “poco prima di Natale.” A pag. 232: “… ancora per molti mesi.” Ma poi, a pag. 233: “Una sera dell’autunno del 1868 …” Di nuovo?! Si sarà trattato del ’69, supponiamo.

Curiosamente la mezza pagina finale di pag. 140 viene ripetuta pari pari a pag. 165, quando la narrazione riprende a trattare le vicende di quel personaggio: grazie per l’ennesimo ‘riepilogo’!

A pag. 331 la famiglia Roslin è finalmente quasi completamente riunita per il compleanno del padre: “Le gemelle sarebbero rimaste a dormire da loro.” Ma due righe dopo, a pag. 332, i genitori sono “Rimasti soli” e a pag. 333, il mattino dopo: “Telefonò a Siv e a Louise”. Ma non erano rimaste a dormire da loro?!

A pag. 538 incontriamo ancora una squisitezza di Mankell: “Rispose una donna con un forte accento”. Ma questa dice soltanto ‘Eden’ ?!?

M. M.

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