Senza farlo proprio a bella posta, ci si ritrova spesso e volentieri a scandagliare l’opera di Arpino, che, come già altrove notato, presenta il carattere singolare dell’uso di frasi ancillari (quelle che scandiscono i turni di parola nei dialoghi) maniacalmente ricercate, ricche, ridondanti; laddove altri autori preferiscono far seguire le battute alle battute, con o senza virgolette, e succede che dopo un po’ non ci si raccapezzi più su chi stia parlando a chi; oppure ci si ritrova in una cascata di disse, rispose, continuò, riprese, replicò; o ancora non v’è soluzione di continuità grafico-logica tra narrazione e dialogo (vedi Màrquez o Saramago): o infine si segnala l’artificio interlocutorio di Pennac, che a volte incolonna due, tre, anche più lineette di sospensione al posto delle battute che non si scambiano i personaggi a colloquio!
Arpino, invece, ama scrivere un romanzo di gesti, sonori o meno, che s’intreccia colla narrazione vera e propria, offrendo un surplus d’informazioni al lettore circa i suoi funambolici eroi.
Nell’esaminare Il buio e il miele (Rizzoli, Milano, 1969, 175 pp.), nucleo portante delle future apprezzatissime pellicole Profumo di donna con Gassman e Scent of a woman con uno straripante Al Pacino, si sono individuati cinque filoni di frasi ancillari di cui diamo di seguito ampia esemplificazione:
1) la descrizione dell’evento vocale-semantico della battuta;
2) lo stesso ma con aspetti bizzarri del gesto;
3) la descrizione della scena, senza riferimento alla battuta;
4) il soggetto impersonale;
5) il rovesciamento di prospettiva.
Nell’ambito del filone 1), oltre ai banali verbi di scambio del dialogo già citati, il Nostro abbonda coi fece, rise, sorrise, sbuffò, tossì (suo verbo feticcio), emise, esalò, fino agli spettacolari, respinse e oppose (in altre opere si sono notati addirittura dei cancellò).
Tra le descrizioni bizzarre dell’atteggiamento del parlante al momento di porgere la battuta possiamo elencare: rise ancora alitando il fumo; disse poi a denti scoperti; sorrise dietro la sigaretta addentata; disse immobile, la canna lazata; rise senza suono; rise a lenti scoppi di gola; digrignò lui; cambiò voce (?); si scatenò di colpo in una raffica a denti stretti (ohibò !); non volle trattenere (:..);prese avvio l’uomo; subii (!); uscì lui senza voglia; modulò in ironica dolcezza; brillò improvvisa (?); si accese (?); mi aveva opposto con voce affranta; uscì improvvisa; ebbe uno strillo tra le risa (…); provò a ridere; fu contento di risponderle; irrise pallidamente (?!); sbatté tra i denti (?); rise secco smuovendo le mascelle (…); mi riuscì; ebbe una breve risata; mi mitragliò contro con falsa energia (???).
Ancora più sorprendenti delle precedenti sono le frasi intercalate a parti di discorso pronunciate da uno stesso personaggio: in questi casi Arpino tralascia quasi sempre di segnalare chi e come parla per dedicarsi al movimento e/o alla scena intorno.
Esempi ghiotti: cominciò a tirarsi in piedi con un largo sbadiglio; sorrise improvvisamente mesto, battendosi il polpaccio con l’estremità della canna; face oscillare la sigaretta tra le labbra; si sporse un poco in avanti sorridendo curioso; allungò il collo lui, strozzando la voce in un sibilo; era smarrito l’uomo; fuggì il controllore; mi stancai; la sua mano si mosse come volendo sfiorarmi il braccio, restò sospesa; si irrigidì, contento; mi fermai; tirò fuori la lingua; risedetti; aveva mani grandi e unghie pallide non dipinte; sbadigliò; sollevò la faccia un momento; porse la bottiglia; cominciò a sollevarsi dal letto; si sporse lui pronto; respirò ampiamente; si nascose il prete (?); si raddrizzò un poco l’altro; si illuminò il prete teneramente; singultava pietosamente il prete cercando di non ridere; se la rideva soppesando il bicchiere; saggiai la confidenza; scolò golosamente il bicchiere; annusò (?); riinfilò il braccio nel mio (?!); ebbe una smorfia; si incamminò afferrandomi il braccio; si scandalizzo sottovoce allarmato; era minuscola, i denti pronti a mostrarsi e grossi ginocchi(???); la mano sinistra inguantata si levò (…); si tormentava le dita; l’allontano lui per subito schioccare le dita e dirmi; torse seccamente la testa lui; scosse annoiato la mano; arrossì sorpresa la ragazza; sedette, chiuse il libro evitando di guardarmi; si chinò subito indebolita sul tavolo; scosse ostinata la piccola testa nel riparo del gomito; rifiutò brusca; m’arresi; mi feci forza; ripiegai; rialzò la faccia;nella luce del giorno appariva pallidissima; un gesto della mano morì subito nell’aria; ebbe una smorfia; accolse grave; le andai dietro per compagnia (…); mosse rigidamente un piede dopo l’altro nel corridoio, la destra tesa in avanti; restò incantata a guardare verso il terrazzo; corse via lei strappandosi con rabbia l’umido dalle occhiaie (?!); mi accolse sollevando appena la faccia; rimasi contratto; puntai il dito verso l’albero (?); mi voltai per riderle contro; mi rimirò tra le palpebre appena schiuse; mi puntò un dito contro; si stropicciò vigorosamente il naso su e giù (…); si abbandonò ripiegando il capo; provò a ridere lui, ma con una fatica così penosa che lei rimase solamente a guardarlo, senz’animo per ribattergli.
Abbastanza frequentemente, poi, Arpino preferisce far pronunciare impersonalmente le battute da una voce poco fa… Per esempio:
fu l’ammonimento; suonò placida la risposta; mi uscì un: “Sarebbe ?”; uscì sottovoce al tenente; si perse sfatta ubriaca la voce del tenente laggiù; s’era alzato offensivo il rimprovero di lui (!); era sfuggito a Sara (…); m’uscì con rassegnazione; provocavano gli strilli (soggetto: gli strilli); sospirò debolmente la vocina di Candida; fu la calma risposta; era il grido di Sara; caoticamente sillabò quella sua bocca legnosa (!!!); m’uscì finalmente di gola; era ancora il gemito; le parole rotte di lui si mischiavano in debole groviglio agli zittii di Sara (chapeau!); fu il commento; m’uscì in un lamento; “Come ?” m’uscì, capendo in ritardo (?); ancora gli sfuggì.
In ultimo ci dedichiamo ai cambi di prospettiva, autentiche perle del Nostro: quei casi in cui l’ancella è al servizio del destinatario della battuta (e il lettore ne resta assolutamente spiazzato):
s’ebbe in risposta; fu interrotto; fu agghiacciato (!); fu subito rimbeccato; lo sentivo ancora in un rantolo; fu subito taciuto (sic! meglio zittito, ma per Arpino la tentazione di rendere passivo far tacere fu troppo forte…); sentii la sua voce in agguato (?!); fu rimproverata; mi parve poi di sentirla; mi sentii chiamare; la sentii; risento la sua voce.
Terminiamo questo lungo regesto di acrobazie arpiniane con una citazione tratta da pagina 71, chiarificatrice di certe scelte dell’Autore:
“Parole indulgenti e ironie fiorettarono in più capriole.”