“L’UOMO CHE SORRIDEVA” E QUELLO CHE ERRAVA

 

Nel suo libro del 1994, ambientato nel ’92/’93, e pubblicato soltanto nel 2004 da Marsilio per la traduzione di Giorgio Puleo, Henning Mankell, cognato di Ingmar Bergman, evidenzia le solite pecche da giallista svedese, cioè ripete alla nausea nomi e cognomi dei personaggi, riepiloga frequentemente la situazione del caso come se il lettore medio (?) non tenesse a mente quanto letto fin lì, infine ridicolizza il suo ‘eroe’, Kurt Wallander, facendolo ruzzolare ad ogni piè sospinto, procurandogli ammaccature e sanguinamenti vari.
Ma ovviamente i guasti non finiscono qui: a parte gli ‘istintivamente’ sparsi una dozzina di volte su 382 pagine, il testo risulta ‘impreziosito’ dai seguenti problemi:

A pagina 32, Wallander telefona a Martinsson molto presto di mattina: “Spero di non averti svegliato. Passò un lungo minuto prima che Martinsson rispondesse”. Per quanto assonnato, un minuto al telefono è un’eternità insostenibile; magari un ‘momento’.

A pag. 37 “W. Si rese conto di essersi seduto (…) alla sinistra di Bjork. La sedia alla sua destra era vuota.” Non capiamo!

A pag. 39 “E’ stato ucciso con tre colpi di pistola, tutti mortali, quindi anche un solo colpo sarebbe bastato.” E infatti a pag. 337: “Sten Torstensson è stato ucciso con due pallottole.” Rileggere e correggere!

Tra le pagg. 41 e 42, nel giro di una ventina di righe e pochi minuti, Martinsson si dimentica due volte che quello di W. “non è più l’ufficio di Hansson”. (?)

A pag. 77 ci scontriamo con la banalità di un’inchiesta: “Improvvisamente sentiva la necessità di farle delle domande e di avere le risposte.” Ma va’ ?!

Tra le pp. 136 e 137 Mankell non sa fare i conti: “Aveva compiuto quarantacinque anni”, ma poi: “Era nato il 12 ottobre 1939” … e quindi ne aveva soltanto 43, essendo morto nel ’92.

A pag. 179 in viaggio non si riesce a rammentare: “Guidando in direzione di S. i ricordi del passato si susseguivano senza sosta. (et pour cause) Questo non gli capitava da tempo immemorabile”.

Alle pp. 259/260 altra banalità: “Venerdì 19 novembre tutti erano consapevoli che ormai anche la metà di novembre era passata”.

Altri problemi con le stagioni alle pp. 237/8, 280, 329: “Una vera tempesta di novembre. L’inverno spalanca le sue porte.” (?) Ma poi: “Martedì 23 novembre era una bella giornata d’autunno senza una sola nuvola in cielo.” E: “Nuvole cariche di pioggia si stavano ammassando nel cielo d’autunno”.

Ancora La Palisse imperante a pag. 275: “Io non gliel’ho chiesto e chiaramente lui non ha risposto.” E poco dopo: “Mi aspettavo questa domanda.” … ma nessuna domanda è stata posta!

Assurdità a pag. 359: “Si rese conto di avere preso una decisione senza sapere veramente quale fosse”. Ecco perché poi la polizia svedese brancola nel buio!

Alle pp. 349, 350, 351 una di quelle inutili ripetizioni di nomi propri: Ann-Britt Hoglund viene martellato per ben dodici volte in meno di due pagine, e solo per altre tre volte ci viene risparmiato il cognome: Ann-Britt. Ma non esistono i pronomi personali o i sottintesi in svedese?

Concludiamo con l’ultima fesseria a pag. 368: “L’alba era appena all’inizio, ma non era ancora giorno”. W sempre La Palisse!

M. M.

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