INFORTUNI PER IL COMMISSARIO DUPIN

…..Il primo caso del commissario Dupin del cosiddetto Jean-Luc Bannalec (all’anagrafe Jörg Bong), “Intrigo Bretone” (SuperBeat, 2020, pp. 234 senza Indice), per la traduzione di Giulia Cervo, presenta degli inciampi che non dovrebbero comparire in un poliziesco ben orchestrato, oltre ad alcune scelte lessicali opinabili.

A pagina 12 Dupin “Tornò a concentrarsi sul giornale. L’Ouest-France e il Télégramme, i due maggiori quotidiani locali.” Quindi ‘sui giornali’.

A pag. 17 “i tavoli, già apparecchiati con variopinte tovaglie rustiche.” Suonano meglio ‘rustiche tovaglie variopinte’.

A pag. 32: “(vittime due pescatori di tonno)”; a pag. 56: “il più grande porto di tonno”; a pag. 229: “vicino alle barche e ai cantieri dei pescatori di tonno”‘Tonni’, se no sembra che peschino quello già inscatolato.

A pag. 78: ‘provarlo’ per ‘confermarlo’, un alibi da parte di eventuali testimoni.

Alle pagg. 83 e 122 prima Dupin e poi il suo ispettore Kadeg commettono una grave infrazione al galateo, precedendo due signore dell’alta borghesia nel salire una scala.

A pag. 116 Gauguin avrebbe dipinto una versione di un suo celebre quadro intorno al 1890, ma alle pp. 120 e 152 al fantomatico oggetto viene attribuita un’età di centotrent’anni, approdando dunque all’anno 2020, lo stesso della pubblicazione della traduzione italiana del libro, mentre la vicenda si svolge intorno a venerdì 7 luglio 2012, anno di uscita dell’originale tedesco uscito a Colonia; per cui 2012 – 1890 = 122 anni soltanto.

A pag. 139 “Diede due colpi di citofono brevi e decisi.” E a pag. 218: “Citofonò brevemente due volte”. ‘Suonò il campanello’: ‘citofonare’ significa comunicare verbalmente al citofono.

Alle pp. 206/207/208 l’Autore ci ammannisce un’impossibilità fisico-geometrica: descrive un “capanno/catapecchia: appena un paio di metri in lunghezza e in larghezza”, Dupin ne forza la porta e riesce ad aprirla di una spanna (= circa 25 cm) e poi vi s’introduce ‘agilmente’: impossibile, stante la sua corpulenza! Ma lo stupore ci coglie all’elenco degli oggetti ivi contenuti: “bidoni vuoti accatastati, attrezzi agricoli, due grosse botti, una vecchia vasca da bagno, diverse sedie vecchie pericolosamente impilate su un grosso aratro tutto arrugginito.” In quattro metri quadri?!

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INTRALCI PER IL COMMISSARIO DUPIN

…..La seconda inchiesta ambientata in Bretagna dal fantomatico giallista tedesco Jean-Luc Bannalec, “Risacca bretone” (SuperBeat, luglio 2020, 268 pp.), anche grazie alla traduttrice Giulia Cervo, presenta una serie di ‘cadute di stile’ che andiamo a esaminare; a parte la ventina di volte che appare il termine ‘sigiziale’: certo, più facile da pronunciare, ma è da preferire il più arduo e corretto ‘sizigiale’.

A pagina 123 si legge: “Erano le sei e mezzo. Ed era ancora buio, benché la luna fosse tramontata da un pezzo.” Cioè, la luna comunque deve tramontare presto nella notte, così fa buio pesto prima, ma poi non dura tanto?! E quando il nostro pallido satellite tramonta in pieno giorno?

A pag. 154 Leussot afferma:(…) con gli espedienti che hanno adottato, sarà pressoché impossibile incastrarli. Ci sono tanti che li odiano.”… Ma sta parlando anche di due che sono già morti!

Alle pagg. 158 e 163 abbiamo trovato, nel racconto al passato, la locuzione “Stava di fatto che”, che ci pare francamente bizzarra.

A pag. 159 sempre Leussot afferma di essere “in mezzo all’Atlantico”, ma invece si trova a una ventina di chilometri dalla costa sud della Bretagna, “a cinquemila chilometri dalla costa del Canada”, com’è precisato a pag. 54, e quindi la mezzeria sarebbe sui 2500 km da lì.

Strana incertezza di Dupin a pag. 175: “vide un gruppetto di sei o otto persone, che li aspettava”.

A pag. 195 si elencano “due bonifici da trentamila euro ciascuno, il primo nove mesi fa, l’ultimo sei mesi fa.” … Magari ‘il secondo’.

A pag. 201 “Gli piaceva andare in barca a vela durante i forti temporali.” Preferibili ‘i temporali forti’.

A pag. 204 “La casa se ne stava lì”. No comment.

A pag. 219 si tratta di “addolcire il più possibile la pillola”, ma il fatto è che si dice ‘indorare’.

A pag. 248 una vecchia pistola della Resistenza si potrebbe ancora trovare “sul tetto o in cantina”. Propendiamo per ‘in solaio/soffitta’ !

M. M.

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