Alla lettura di David Golder (Adelphi, Milano, 2006, pp. 180) si è colpiti dal piglio maturo con cui la venticinquenne Irène Némirovsky tratta di argomenti e delinea un personaggio che saranno spesso presenti nelle pagine del Simenon non-Maigret: vien da chiedersi se il grande belga non abbia poi coscientemente calcato le orme della fragile ebrea nel tratteggiare maturi finanzieri, industriali, politici nel momento di affrontare il declino e la morte, con la sua caratteristica introspezione psicologica disincantata e cinica. (Vedere: Simenon, “La scala di Ferro” alla pagina precedente e, qui sotto, “Gli automi della Sagan” e “Gli automi di Augias”)

Tenuto conto della data di pubblicazione in Francia (1929) e del fatto che la carriera di Simenon inizia di gran carriera nel 1931, resta più di un dubbio a sfavore del più affermato autore, che solo in decenni successivi delizierà milioni di lettori di tutto il mondo coi suoi burberi malcontenti votati all’auto-annientamento.

Un altro aspetto parallelo tra i due scrittori, e sospettiamo ormai che fosse un vezzo degli anni ’20 e ’30, è l’attribuzione ai propri personaggi di movenze robotiche e anche in questo la Némirovsky batte il Simenon per la frequenza strabiliante degli accenni del tipo ‘machinalement’, che la traduttrice Margherita Belardetti si è ingegnata a rendere nei modi più disparati.

Vediamone un’illuminante rassegna:

– per un riflesso automatico
– scosse con gesto meccanico la mano
– abbozzò un piccolo gesto vago, impacciato
– torceva e rigirava tra le dita con gesto meccanico
– disse Golder per un riflesso automatico
– come un automa, avanzò
– guardò soprappensiero
– Di sfuggita pensò
– Lentamente, quasi suo malgrado, Golder abbassò il braccio
– con fare assente, guardò fuori
– abbassò istintivamente la voce
– Chiuse involontariamente gli occhi
– Quasi suo malgrado
– mormorò con noncuranza
– aggiunse, soprappensiero
– Golder tormentava con fare assente
– replicò lei distrattamente
– Con un gesto automatico
– lo interruppe con un gesto impulsivo e giocoso
– Era stato un riflesso automatico
– Senza rendersene conto
– come un automa
– gli gettò un’occhiata distratta
– con fare assente
– Ascoltò, a lungo, soprappensiero
– rispose meccanicamente Golder (!)
– giocherellando trasognata
– protendendo con mossa istintiva le labbra aperte
– spingendo soprappensiero la ghiaia
– con un movimento involontario
– colse sulle sue labbra un piccolo fremito involontario
– mormorò con aria assente
– chiese lei distrattamente
– Istintivamente si girarono entrambi
– Gloria, istintivamente, mormorò
– Golder, con un passo da automa, vi si accostò
– protendendo il viso in un gesto da cieco.
– domandò per un riflesso automatico
– rialzando con gesto automatico
– disse, quasi suo malgrado
– coprendole istintivamente con la mano
– Con mossa istintiva gli premette le dita
– con l’accanimento selvaggio, istintivo, di una bestia malata
– un movimento brusco e rigido d’automa
– guardò soprappensiero la camera
– Golder vi infilò distrattamente le dita
– Istintivamente cercò con gli occhi una macchina.
– Istintivamente Golder fece per girare la maniglia
– cercò istintivamente, con un movimento goffo
Per un totale di circa cinquanta citazioni su 170 pagine effettive: davvero un po’ tanto, per un lettore che deve accettare dei personaggi, altrimenti ben descritti, ma impacciati da questo pervasivo non sapere perché eseguono un gesto e per l’Autrice o il suo editor che non riuscirono a tagliarne almeno una quarantina !

7 dicembre 2007

MA ALLORA ERA UN VIZIO…

Irène Némirovsky colpì ancora nel 1931 con “Come le mosche d’autunno” (Adelphi, Milano, 2007): un sommesso e nostalgico ritratto di ‘babushka’ transfuga dalla Russia dei Rossi e dei Bianchi, molto stile Zivago per un rimando a posteriori, per venire a spegnersi in riva alla Senna, anzi: proprio dentro alla Senna.

Anche in questa breve operina di 81 pagine effettive l’Autrice riesce a non far pensare i propri personaggi a quello che stanno facendo per ben 21 volte, con un rapporto di più di un ‘meccanicamente’ o simili ogni quattro pagine.

Nel dettaglio:

– aggiunse meccanicamente, con voce forte e roca
– prese distrattamente una bottiglia
– aprì soprappensiero il pianoforte
– tamburellando di tanto in tanto, con aria assente
– gli mise impulsivamente una mano sulla spalla
– stava rigirando con gesto meccanico
– con aria stanca e assente
– Involontariamente tese l’orecchio (?)
– giocherellò distrattamente
– Istintivamente si alzarono entrambi (!)
– con un cedimento involontario della voce
– istintivamente attratti
– stava distrattamente rigirando fra le dita
– Ripeté meccanicamente
– con gesti automatici
– chiese soprappensiero
– istintivamente guardò il cielo
– Con gesti da automa
– ascoltava suo malgrado gli scricchiolii dei mobili
– cercò istintivamente sul tavolo
– Lei pareva non accorgersi di niente.

E infatti la povera vecchia, quasi in trance febbrile, si immerge nel fiume gelido e si lascia trasportare via dalla corrente: il destino di tutti i personaggi della Némirovsky e di lei stessa, vittima del nazismo, del secolo breve, della smemoratezza, dell’oblio…

M. M.

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