I veri giallisti (?), forse per deformazione professionale, incorrono spesso in sviste macroscopiche nel dipanare le loro trame: quando fanno muovere i personaggi per la città che magari conoscono come le loro tasche, evidentemente se ne stanno seduti al tavolino, senza andare a verificare di persona i luoghi (vedi il Dan Brown di Roma o Parigi); e allora succedono cose di questo genere:
ne L’ultima notte bianca (Rizzoli, Milano, 2007, pp. 222) il Perissinotto, o chi per lui, impiega quindici minuti per andare dal Ponte di Sassi all’omonimo cimitero (p. 71) passando lungo il Po con qualche centimetro di neve per terra; secondo noi, camminando normalmente, ci si arriva in meno di dieci, ma queste sono sottigliezze.

Sulla sponda sinistra prima del ponte, alla riva delle oche, ci sarebbe un bosco (p. 75): al massimo è un boschetto, una macchia, che ricopre il mini-pendio tra il lungo Po e il fiume.
La stessa zona viene poi definita (p. 177) “quell’isola remota al centro della città”: certo, un’isola felice può non essere circondata dall’acqua, ma qui si tratta proprio di un tratto di fiume, senza isole o isolotti, e il centro di Torino sarà piazza Castello, no ?

All’altezza dei Murazzi, guardando verso la sponda opposta (p. 167) si vedrebbero “le montagne sullo sfondo” ?! Colline, se mai.

Ma l’abbaglio più scandaloso l’Autore lo prende a pagina 106, quando, descrivendo Medal Plaza, la colloca tra “l’austerità medievale di Palazzo Madama e la ricchezza barocca della chiesa di San Filippo”…che infortunio toponomastico ! E’ come rimettere in graticola San Lorenzo !…

Concludiamo con una ridicola ridondanza: a pagina 140, parlando di crimini alquanto singolari, Perissinotto riporta il caso di “Due donne uccise a centocinquant’anni di distanza, nella stessa città, entrambe il 27 maggio, da due diversi assassini che però portavano lo stesso cognome.”; è ovvio che dopo 150 anni gli assassini fossero diversi, a meno che si trattasse di un replicante !

M. M.

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