FINALMENTE “LA RECHERCHE”!
(Parte prima)

…..Al terzo tentativo serio, nel corso di decine di anni, stiamo leggendo l’opera più celebre di Marcel Proust nell’edizione tascabile folio Gallimard del 1980, che consta di otto volumetti (i “Guermantes” sono stati sdoppiati) per un totale di circa 3730 pagine. Avendone lette finora 1850, possiamo avventurarci in un primo computo statistico dell’opera.

– Il vocabolo più frequente risulta côté, presente persino in due dei titoli, e variamente traducibile con parte, lato, fianco.

– Il ricordo più ricorrente non è quello della madeleine, bensì quello delle aubépines, i biancospini, ma a pagina 316 del secondo volume dei Guermantes si trovano accostati: “(…) ce que j’avais pu ressentir devant les aubépines ou en goûtant à une madeleine. Ogni tanto Proust si ricorda anche dei vitraux (sing. vitrail) delle chiese e/o cattedrali gotiche.

– Altri vocaboli su cui l’Autore ritorna molto spesso sono: in “Swann” factice (= fattizio, finto, simulato) e sournois (= sornione); nelle “fanciulle in fiore” inizia a essere impiegato au fur et à mesure (= man mano), così come nei libri successivi; nei “Guermantes I e II” vi è una profusione di baignoire (= palco all’Opera), feinte (= finta), franchise (= franchezza), valet de pied, bas-bleu (= donna con pretese letterarie), chapeau haute forme (= cilindro), hélas (= ahimè !), faubourg Saint-Germain e, vista la temperie storica, dreyfusard e anti-dreyfusard.

…..Al netto della suprema maestria letteraria e dell’acutezza di giudizio e introspezione dell’Autore, va detto che la difficoltà a tirare avanti la lettura in certi momenti è data dalla ripetizione noiosetta dei fatti che non succedono, dato che si tratta soprattutto di farsi invitare e accettare in ambienti altolocati, di cos’ha detto colei di colui e viceversa, di cosa mi metto e di cosa non mi metto. Il divertimento è comunque assicurato dalla sottile ironia di Proust e dalla velenosità di alcuni personaggi. Tralasciando poi gli sterili struggimenti sentimentali, i momenti erotici in questi primi 3/4 volumi per la voce narrante si riducono a tre: con una cuginetta su un canapè; lo sfregamento adoloscenziale durante una lotta giocosa con Gilberte, che quasi non si accorge dell’esito; e la reciproca masturbazione con una disponibilissima Albertine, anni dopo il primo scandalizzato rifiuto.

…..Per chi volesse affrontare la Recherche, possiamo dare un incoraggiamento specificando che con una velocità di lettura di trenta pagine all’ora (anche ricercando nel dizionario qualche vocabolo più infrequente), alla media di sessanta pagine al giorno, in due mesetti uno se la sfanga.

…..M. M.

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FINALMENTE LA RECHERCHE!
(Parte seconda)

…..Nel proseguire la lettura del capolavoro proustiano, tocca segnalare che il “volumetto tascabile” folio Gallimard di “Sodome et Gomorrhe” (1978, 600 pp.), meno accurato dei precedenti stampati nel ‘79/’80, contiene almeno una dozzina di refusi ortografici e una svista colossale nell’Indice, dove invece dei titoli corretti riappaiono Guermantes I e Guermantes II

…..L’Autore, oltre a perdere ogni remora su argomento e linguaggio, parlando diffusamente di invertiti e saffismo (“femmes de mauvais genre”), adotta il vezzo di segnalare che un certo fatto sarà ripreso più avanti, e questo succede innumerevoli volte, quasi temesse di perdere il lettore; al quale parla direttamente alle pp. 63/64 chiamandolo Monsieur le lecteur e firmandosi Monsieur l’auteur.

…..I vocaboli più frequenti, in aggiunta ai soliti côté e dreyfusard, sono ‘petit noyau’ (nucleo ristretto, pochi eletti) e il suo sinonimo ‘petit clan’; ‘agacé’ (infastidito, indispettito); ‘agrément’ (gradimento, piacere); ‘assommant’ (barboso, scocciante, asfissiante); ‘cloison’ (barriera, parete divisoria); ‘flatterie’ (adulazione, lusinga); ‘flétrir’ (infamare, biasimare); ‘brouillé’ (in urto); ‘coquetterie’ (civetteria); ‘goûter’ (merenda); ‘lâcher’ (lasciare, mollare); ‘ôter’ (togliere); il ‘valet de pied’ viene raggiunto e superato dal ‘valet de chambre’.

…..Segnaliamo infine un termine abbastanza sorprendente che compare tre volte: rasta(quoère), che significa avventuriero.

…..Anche “La prisonnière” (folio Gallimard, ott. ’79, 500 pp.) presenta una decina di refusi ortografici e in tre occasioni l’auteur/narrateur si rivolge direttamente al lecteur; inoltre, sorprendentemente, a pagina 86, dichiara che i primi due hanno lo stesso nome, e a pag. 186 un messaggio di Albertine per la voce narrante termina con un dileggiante rimprovero: “Quel Marcel! Quel Marcel!

…..I due temi principali, oltre alle velenose maldicenze salottiere, restano l’omosessualità e la maniacale gelosia di Marcel per Albertine, fortemente sospetta di amori saffici.

…..I mots fétiche risultano: taquiner (stuzzicare); cloîtré-e (in clausura); apaiser (placare); méfiant-e (sospettoso, diffidente); Malheureusement (Purtroppo); flétrir (condannare); froisser (urtare, offendere); griefs (lagnanze); grisé (inebriato); toupet (faccia tosta); sciemment (scientemente).

…..Vi è poi il record di lunghezza di un paragrafo alle pp. 342/3: quarantatré righe tra punto e punto; e una stupefacente confessione a p. 457: “Je ne suis pas romancier” (?!)

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FINALMENTE LA RECHERCHE!
(Terza parte)

 

…..Il penultimo volume della saga, “Albertine disparue” (folio Gallimard, giu 1980, 370 pp.), è dedicato principalmente allo struggimento di Marcel per la ‘fuga’ dell’amata, per la sua scomparsa e successiva di lui scomposta gelosia per i di lei trascorsi lesbici, con aspetti erotici di vasta portata; infine al raggiungimento di un certo equilibrio con una nuova amante e alla scoperta sconvolgente dell’omosessualità del suo migliore amico; il tutto immerso nelle solite beghe salottiere tardonobiliari.

…..I termini più ricorrenti rispecchiano dunque i suddetti argomenti: jalousie, la mort, morte, oubli, souvenir, hélas, habitude, désir, trompé (tradito), doucheuse (addetta alle docce), blanchisseuse (lavandaia).

…..I refusi scendono a cinque, ma uno è memorabile: a pagina 220 “l’absurde nom de Swann gênerait le mariage” (?) invece di gênait = ostacolava.

…..In almeno tre occasioni Proust dichiara apertamente quello che sta facendo con quest’opera: “ricreare un ricordo” (p. 177); “ricercare, senza saperlo, il passato” (p. 193); “riparare il tempo perduto” (p. 244).

…..Una curiosità per noi sabaudi: a pagina 332, insieme alla madre, sta per raggiungere Torino in treno (nel viaggio di ritorno da Venezia a Parigi).

…..Infine a pagina 214, in una nota, precisa: “si je lis en auteur je me juge en lecteur” (se leggo da autore, mi giudico da lettore).

…..L’ultimo tomo della “Recherche”, “Le temps retrouvé” (folio Gallimard, mag 1979, 440 pp.), tratta della Prima Guerra Mondiale, dei molti personaggi che nel frattempo muoiono, di quelli che spaventosamente invecchiano, non ultimo ovviamente anche Marcel, e degli estremi abissi del vizio raggiunti dal Barone Charlus.

…..L’Autore si dilunga poi, specie alle pagine 225-239, a filosofeggiare sul Tempo perduto e surrettiziamente ritrovato (“les vrais paradis sont les paradis qu’on a perdu”), e nelle pagine finali a chiarire come e perché ha voluto costruire il suo romanzo-cattedrale, auspicando (p. 424) che i lettori vi troveranno sé stessi.
In effetti, come già segnalato, l’analisi interiore di Proust è condotta con notevole acume e le sue quasi 4000 pagine sono di scorrevole e spesso divertente lettura, con alcune punte deliziose quali l’eterna governante Françoise e la camaleontica duchessa di Guermantes.
In quest’ultimo volume si confermano tuttavia le sue fisse ono-/toponomastiche e linguistiche; cioè i termini decisamente più frequenti si confermano essere: côté, factice, avanie (prepotenza, sopruso), mon moi (il mio io), moi-même (me stesso), échoué (fallito), sensation; e alla nausea: Guermantes, Swann, Dreyfus, Combray, Balbec, Venise.

…..I pittori più citati, ma molto meno spesso, risultano: Whistler, Monet, Turner e Tiziano.

…..I tanto celebrati ricordi, quasi delle epifanie joyciane, sono: la madeleine intinta nell’infuso, i petits fours, i fiori di biancospino, i lillà, il campanile della chiesa di Combray, le vetrate medievali, il ‘tortillard’ (trenino locale); ma soprattutto, e prima di tutto il resto, il bacio serale di mammina al piccolo Marcel trepidante.

…..Dopo dunque due mesi di lettura, al ritmo di due ore e mezzo al giorno, non si può certo dire che la Ricerca del tempo perduto lasci il tempo che trova (…), però ci permettiamo di consigliare, a cento anni dalla scomparsa dell’Autore, altre opere capitali apparse in quell’anno, il fatidico (ferale?) 1922: “Ulysses” di Joyce, “The Waste Land” di Eliot, “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Kraus, “Siddharta” di Hesse, “Enrico IV” di Pirandello (i Sei personaggi sono del ’21).

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FINALMENTE LA RECHERCHE!
(Parte quarta: conclusione)

IL “JEAN SANTEUIL”

…..In coda alla lettura della “Recherche”, il tuffo nella sua officina del 1895/1900 risulta forzatamente frammentata e francamente noiosa, perché ancor più ripetitiva dell’opera maggiore; comunque l’esame delle prime 314 pagine del “Jean Santeuil” (Einaudi, 1976, traduzione di Franco Fortini del ’52/’53, pp. XLIV, 770, + 85 di note e indici) ci ha recato le seguenti trouvailles:

– La parola chiave risulta essere ‘penetrare’, nelle sue varie accezioni.

– Il traduttore adotta arcaismi quali: giuocare, giuochi, spengere, spengersi, quistione monetaria (pag. 281), quistione di tempo (p. 307).

– Fortini non sa che iris è femminile, mentre ireos è maschile, per cui a pagina 129 si legge: “gl’iris l’uno di seguito all’altro”; a pag. 143: “dai begl’iris viola”; a pag. 158: “Un iris vi lascia passare”; a pag. 159. Tuttavia a pag. 133 si ricrede e scrive: “un’iris, meraviglio sa e delicata creatura”.

– Al nutritissimo apparato critico di note è sfuggito un minimo cambio di colore tra pagina 257: “Era un mantello di velluto nero orlato di frange, foderato di satin rosso e di ermellino” (appartenente a mammina, che Jean si butta sulle spalle) e pagina 261: “si scorgeva la fodera di satin rosa”.

….M. M.

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