C’è venuto a mano, forse con un po’ di ritardo, il tanto celebrato “L’amore fatale” di Ian McEwan (Einaudi, Torino, 1997, pp. 280) nella traduzione, al solito, della Susanna Basso.
Sorvolando sulla critica ai contenuti del romanzo, dove l’io narrante appare a tratti eccessivamente cervellotico nello smembramento dei propri stati d’animo, ci dedichiamo ancora una volta all’aspetto formale dell’oggetto-libro.
Ed è per bacchettare, quasi bastonare, l’editore che mai come in questa occasione ci delude e ci fa quasi vergognare della comune torinesità.

L’escalation di refusi è impressionante, specie da pagina 112 in poi, e in taluni casi ci chiediamo quanta sia la responsabilità della traduttrice e, conseguentemente, di eventuali non-revisori delle bozze.

Si va da una preposizione scambiata: ‘mi separo di te’ a un ‘Rockerfeller Institute’, al nome Gillian che diventa Gilliam, ‘quella mattina’ che è assolutamente ‘questa mattina’, a una saracinesca ‘semiarugginita’, a ‘ero’ per ‘era’, ‘avesse’ per ‘avessi’, a un articolo ‘il’ maiuscolo che diventa un secondo romano ‘II’, fino a un abbraccio conclusivo (pag. 280), che non si sa se è da leggersi ‘abbracciarmi’ o più probabilmente ‘abbracciarti’.

Ma le pecche peggiori sono altre: a pag. 207 appare l’obbrobrio di ‘qualcun’altro’ con l’apostrofo, come anche a pag. 232 si getta ‘un’ultimo sguardo’ sempre con l’apostrofo, mentre a pag 267, ed è ancora più sorprendente, v’è ‘un altra persona’ senza apostrofo !

Infine, qualche bacchettata ad autore e traduttrice associati, perché non si possono scrivere delle boiate così:

“Temerlo gli avrebbe conferito un grande potere.”

“Mi pareva di sentire l’andamento giambico del suo ritmo cardiaco attraverso il cuscino. O forse era il mio.”

“Le sue labbra si schiusero in uno scollamento sensuale accompagnato dal suono morbido di una consonante occlusiva.”

“Un muscolo del suo avambraccio destro – muscolo che io non sapevo di avere – ” (per forza: ce l’ha l’altro !)

E ancora la povera Monroe, di cui Einaudi o McEwan o la Basso non sanno scrivere il nome, che diventa ‘Marylin’, a causa di una sciatteria editoriale che regna sovrana.

M. M.

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