PERCHE’ DUE TRADUZIONI TANTO DIVERSE?

Torniamo sullo scabroso caso delle due proposte di Mondadori anni ’60 del giallo di Van Dine “La fine dei Greene” con protagonista assoluto il saccente Philo Vance: prendendo in considerazione i capitoli XXIV e XXV abbiamo notato che, a parte le diverse scelte stilistiche nel rendere le frasi, l’Ignoto del tascabile del ’64 e il Piceni del ’41 riadottato nell’Omnibus del ’69, interpolano oppure cassano interi periodi a loro piacimento e a nostro detrimento di lettori sballottati e ‘inconsapevoli’.

Ad esempio, a pagina 170 del tascabile si legge: “… il portacenere di cristallo era stato spostato all’angolo della scrivania per far posto a un altro, pieno anch’esso di mozziconi”. Ebbene: Piceni non ne parla.

Ibidem: il primo scrive “udii scrosciare l’acqua nel bagno”, il secondo: “lo sentii ordinare il bagno”.

Piceni, a pag. 315 dell’Omnibus, scrive: “… io non potei tuttavia dominare la mia ardente curiosità e lo interrogai con lo sguardo”. L’Ignoto: nulla.

Ibidem: “Ahimé (sic), si vede che divento vecchio, se provo di queste debolezze!”. L’ignoto: niente.

Buffissima discrepanza a pag. 172: “Vance guidò come un indemoniato fino al cancello di casa Greene”. Mentre Piceni, a pag. 316, riporta: “Un quarto d’ora dopo un’autopubblica ci deponeva davanti alla porta di casa Greene”. Mettetevi d’accordo !

Del centralissimo personaggio di Ada l’Ignoto a pag.174 ricorda che “… il signor Greene l’ha fatta venire direttamente dalla Germania”. Piceni non lo dice, ma invece appunta, a pag. 318: “Le sue guance erano pallidissime, lo sguardo inquieto”. E l’Ignoto no.

Addirittura lo stesso capitolo XXIV di Piceni termina con un’importante notizia, che l’altro omette: “Egli non volle lasciarsi accompagnare alla stazione, e noi ignorammo perciò la destinazione del suo viaggio misterioso”.

E questo gioco a rimpiattino continua lungo tutto il capitolo successivo, ma per non tediare gli auspicabili lettori di questa nota, ci limitiamo a riportare un altro passo automobilistico decisamente sorprendente:
a pag. 179 l’Ignoto decreta: “Sergente, comandò, tirate fuori la vostra patacca, perché si sappia che transita la polizia. Tu, Van, mettiti accanto a me e tieni la mano sul clacson. (…) Continuavo a tenere la mano pigiata sul clacson per cui le macchine che ci precedevano lasciavano il passo al nostro bolide scatenato”.
A pag. 322 Piceni: “Tenete pronta la vostra tessera, sergente, avvertì Vance nel mettere in marcia. (…) Vance era un guidatore eccellente. Pilotava la macchina da due anni e sapeva perfettamente come dominarla. La nostra sirena urlava senza posa, e le macchine che ci precedevano cedevano rapidamente il passo”.

Insomma: due funamboli della traduzione che si destreggiano tra un Philo Vance in vena di spericolatezze (oppure banalmente su un taxi) e un povero Van Dine che simula la sirena della polizia, magari ululando di stizza come noi, lettori irrisi per decenni da Mondadori.

M. M.

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