DAI, ROBECCHI!
Nel suo recentissimo poliziesco “I tempi nuovi” (Sellerio, marzo 2019, 428 pp.), la parola fétiche risulta essere dai, esortativo sempre tassativamente scritto senza accento grave, utilizzato in quasi tutti gli scambi di battute tra i vari personaggi, e in oltre 400 pagine se ne scambiano di battute. Ma si vede che i meneghini non possono fare altro che incitarsi così: dài!
Come al solito, poi, l’Autore dà prova di non saper o non voler utilizzare i due punti introducenti una frase esplicativa, per cui il lettore deve sorbirsi una valanga di virgole, non sempre adatte.
Ma veniamo agli inciampi più seri, relativi alla cronologia dell’avvincente storia narrata: il primo fattaccio succede a pagina 165, “giovedì 7 marzo”, e dunque con ogni evidenza Robecchi ha ambientato il giallo il mese scorso, marzo 2019, in contemporanea con l’uscita del libro!
Infatti a pag. 236 parla del muro di Trump col Messico e fortunatamente non sono sei anni che costui imperversa alla Casa Bianca (NB : il 2013 ha lo stesso turno di giorni di quest’anno). Ma alle pagine 225 e 226 Robecchi si smentisce, quando ci presenta “Salvatore Geraci … sessantun anni…” “nato a Locri nel … ‘56”. 56 + 61 fa solo 2017.
Altra discrepanza tra le pagg. 170 e 277: Gloria incarica Oscar di ritrovare il marito scomparso col malloppo 10 giorni dopo la rapina del 7 marzo già citato, ma poi dichiara: “Diciannove marzo: è l’ultimo giorno che ho visto Alberto”.
Ancòra: a pag. 285 si parla di un incidente avvenuto “il 15 febbraio, un giovedì”, che quindi sarebbe successo nel 2018, sempre stando ai nomi dei giorni. Ma in effetti il business di riciclaggio del denaro scorso sarebbe iniziato, a pag. 370, “Da un anno e mezzo” e perciò ci rientrerebbe il suddetto incidente, eppure a pag. 350 durerebbe soltanto “da sei mesi”.
Infine un’improprietà linguistica (o una forzatura) del Nostro: a pag. 231 si definisce ‘a fine serata’ “verso le cinque, le sei del mattino”. Che nottambuli ‘sti tiratardi!
M. M.
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