ABBARBICàTI  A  BRANCàTI

Riaffrontato con miglior spirito “Paolo il caldo” (Oscar Mondadori, 1972, pp XXIX+283; ma già postumo Bompiani, 1955), stupiamo per una serie di stranezze ed errori del sensuale Vitaliano Brancati.

A pagina 6 si trova subito un’invenzione floreale: “… oleandri
fioriti di rosso, giallo e turchino. Ma dove li ha visti degli oleandri
azzurro cupo, come la fata?!

A pagina 29 “ … il nipote arrossiva turbato da un lampo di mutande di sotto alla veste sventolata da una donna nell’atto di accavallare le gambe”.  Nel 1914?

Similmente a pagina 105: “La ragazza si sedette stringendo le ginocchia e cercando di tirare giù la corta veste sino a coprirle”. Nel 1921?

A pag. 50 anche la specchiatissima madre di Paolo, Marietta, indulge a radersi i peli dalle caviglie… E dal resto delle gambe no? (Appunto perché non si sarebbero visti, stanti i gonnoni dell’epoca!).

A pag. 51 un’imprecisione: “Io… io… io… Il monosillabo usciva mielato di tutte le sensazioni prelibate (…) prima di venire espulso in forma sonora da una bocca”. … La quale, si spera, avrà dovuto pronunciarlo come bisillabo!

A pag. 102 s’incontra “il massaro col fratello tirato giù dall’ernia”, ma da quella del disco o inguinale?

A pag. 128 v’è “… una vespa che lascia conficcato il suo pungiglione”. Quella sarebbe l’ape, che poi vi muore; invece la vespa lo estrae e lo conserva per future punture!

A pag. 139, ormai nel’48, troviamo delle macchine ‘parcanti’ sotto gli alberi. Magari parcate.

A pag. 164 una perla di refuso: “… quella donna ancora madida di liscivia. WOW!!!

M.M.

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