Sul vizietto principale di Ernestino sono scorsi, o colati, fiumi di inchiostro alcolico, come anche per gli altri: donne (solo?), caccia, corrida.
Ma leggendo attentamente il postumo Isole nella corrente (Mondatori, Milano, 1970, pp. 470 effettive) ci s’imbatte ogni pagina e mezza, o poco più, in un accenno al bere, ai cocktail, alle sbornie, al rum, di fantasia o meno.

In dettaglio, il libro di compone di tre parti: Bimini (206 pp.), Cuba (128 pp.), In mare (136 pp.); la prima delle quali è dedicata alla pesca d’altura e i nostri protagonisti accennano alla bottiglia, preparano bevande e/o le tracannano 128 volte (in media ogni pagina virgola 6); la seconda si svolge a Cuba e spesso in locali preposti al bere, cosa che avviene 113 volte (in media ogni pagina virgola 13); nella terza parte si va a caccia di crucchi tra le isole e si beve prevalentemente tè ghiacciato (sic), ma anche in tale astinenza i riferimenti alcolici sono 43 (in media ogni tre pagine virgola 16).
La media generale risulta perciò uguale a quella della prima parte: 1,6.

I momenti più squisitamente beverecci si raggiungono alle pagine 297 e 298, con la mistica del daiquiri:
“Thomas Hudson stava bevendo un altro daiquiri ghiacciato senza zucchero e mentre lo alzava, pesante e con l’orlo del bicchiere incrostato di ghiaccio, guardò la parte chiara sotto la spuma che galleggiava e quello che vide gli ricordò il mare. La parte spumosa in superficie era come la scia di una nave e la parte chiara era come l’acqua quando la fende la prua nell’acqua bassa su un fondo di marna. Aveva quasi lo stesso colore.
-Vorrei che esistesse una bevanda del colore del mare quando sei a una profondità di ottocento braccia e c’è un silenzio di morte col sole a picco sul mare e il mare pieno di plancton.-
-Cosa?-
-Niente. Beviamo questo bicchiere d’acqua bassa.-” (p. 297)

“-Quello lì è un bicchiere d’acqua dolce. Ha lo stesso colore dell’acqua del Firehole River prima che sfoci nel Gibbon per diventare il Madison. Se ci metti dentro un altro goccio di whisky potresti dargli il colore di un ruscello che nasce da una palude piena di cedri per sfociare nel Bear River in un posto chiamato Wab-Me-Me.-” (p. 298)

In pratica Hem era talmente perso nel suo coma etilico da non far più distinzione tra alcool e acqua.

Per la cronaca va segnalata anche una citazione vetero-salutistica, ma è l’unica su 284:
“-Perché non bevi qualcosa, Tom?-
-Non ne ho voglia.- ” (p. 466)

Prosit!

M. M.

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