“Torto marcio” di Alessandro Robecchi (Sellerio, La memoria n. 1051, marzo 2017, 415 pp.) è un poliziesco tosto, che dalla metà in poi davvero si legge d’un fiato; oltre tutto si svolge in contemporanea con la lettura, per adesso!
Abbiamo comunque notato qualche neo nelle pagine del Robecchi:

– l’uso quasi assente dei due punti esplicativi: l’Autore preferisce un periodare paratattico, tutto virgole, e a volte questo inceppa il fluire del lettore-pensiero che si sta calando nella storia.

– n. 48 dài” esortativi senza accento grave: secondo noi è grave.

– una cinquantina di ché nel senso di giacché, dacché, cosicché, poiché sempre senza accento acuto, ed è grave pure questo.

– “qualcosa non gli tornava” a iosa, ma questo è meno grave!

– a pagina 20 c’è una macchina che arriva “anche lei sgommando”, e a pag. 54 c’è un negozio di vestiti per bambini che “ha le telecamere anche lui”.

– a pag. 166 il Gotti a metà del 1981 vien descritto come “ventenne che fa scienze Politiche alla Statale”, quando di anni ne aveva già quasi 24, essendo nato, a pagina 22, il 6 settembre 1957.

Ma l’imprecisione più sorprendente e insistita è la faccenda del “cono d’ombra” che intercorrerebbe tra due lampioni accesi e soprattutto tra due telecamere stradali: quello è il cosiddetto “angolo cieco”, punto morto, senza visibilità, in quanto il vero cono d’ombra, l’unico possibile, è quello proiettato dai corpi celesti investiti dalla luce solare.

M.M.

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