GIOVANNI TESTORI COMPLICATO E COMPLICANTE

 

Nell’inserto “domenica” de Il Sole 24 Ore del 17 febbraio 2018, nella cosiddetta ‘terza pagina’ (pag. 21), Stefano Crespi recensisce la recentissima riedizione de “Il dio di Roserio” (Feltrinelli, Milano, pp. 144), uno dei più bei racconti italiani, affascinante negli scorci delle gare ciclistiche, come se il grande Novatese avesse una telecamera sui pedali dei due protagonisti !

Ma nel breve spazio di cinque colonnine il recensore riesce a dirci per ben tre volte chi è il prefatore: “prefazione di Fabrizio Gifuni; Scrive la prefazione Fabrizio Gifuni; Una prefazione, quella di Gifuni, in un incontro culturale vissuto, partecipe.” (?)

E poi, forse per non essere da meno rispetto alle pagine, specie quelle di critica d’arte di Testori, sempre ardue, ricercatissime, a volte lambiccate, se ne esce con termini del genere: ‘dilemmaticità’, ‘eventicità’, ‘categoriale’.
Quest’ultimo si trova con due accezioni sullo Zingarelli:

1 (filos.) Che concerne o interessa le categorie.
2 est. Che riguarda una determinata categoria di persone.

Ebbene, Crespi lo usa così: “Ciò che prende in questo libro non è la costruzione categoriale del racconto, del romanzo, ma il tratto originario dell’espressione che è l’atto vivente della temporalità.”
Ci pare che l’uso del termine non rientri in nessuna delle accezioni precedenti, vuol dire soltanto che non importa se Il dio di Roserio rientri in una categoria, tra l’altro: racconto o romanzo?

Il primo dei tre termini è inventato, o almeno coniato da ‘dilemmatico’, che viene da ‘dilemma’, per giungere a scrivere che “Testori ha in proprio una radicale dilemmaticità”.

Il secondo è un parto assolutamente obbrobrioso, per segnalare che nella scrittura di Testori vi è ‘un’eventicità teatrale’.

Ovviamente in entrambi i casi il correttore del PC sottolinea in rosso.

M. M.

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