ALTRE CENTO PAGINE DI FAULKNER-VITTORINI
e
GLI ULTIMI DIECI CAPITOLI

Dal quinto all’undicesimo capitolo della sua traduzione del ’39 di “Luce d’agosto”, Vittorini continua ad elargirci squisitezze del genere:

– qualche fatale evento
– la fine polvere
– grigia rugiada
– Così calmo e minaccioso era
– Da ogni parte, anche dentro di lui, le maturo-feconde voci incorporee mormoravano di donne nere (?)
– una ghirlanda di luci estivo-tremanti (?)
– Una polluzione che va attorno sulla faccia di Dio (?!)
– il vuoto cortile
fantasiava in estasi (sicula?)
– In fondo al buio sentiero
– La città metteva a capo a diverse linee ferroviarie
– uno sporco grembiule
– delle spicce pietanze
– pomellata di luna; pomellata d’ombra; pomellata di ombre lunari (tutte a pagina 181)
– sbiadito colore
– così alta tenendola
– pulita vestaglia
– ricamati stivali spagnoli.
E per finire, la perla di pagina 186:

“Ed egli la vide per la prima volta senza sorpresa, parendogli si fosse materiata d’aria nell’aria leggera così impassibile con quella sua calma adamantina che le dava un aspetto rispettabile non meno implacabilmente tranquillo del bianco guanto alto-sollevato di un policeman.” (si noti il policeman non tradotto).

@@@

GLI ULTIMI 10 CAPITOLI DI “LUCE D’AGOSTO

Elio Vittorini, nella ‘sua’ traduzione del 1939, continua anche nelle ultime 175 pagine con i suoi ‘vedo’ invece di ‘capisco’, ‘di tratto in tratto’ per ‘di tanto in tanto’, e gli innumerevoli ‘suppongo’, ma questo è il tipico intercalare utilizzato dai personaggi di Faulkner. Ciò che però rende la lettura accidentata, oltre alla sintassi spesso ingarbugliata, è la successione aggettivo-sostantivo della lingua originale lasciato intatto in italiano, con esiti risibili:

– Non più doveva cercarla per la casa
– Le scene impeccabilmente sostenute di gelosia.
– Non lo guardava lei, intanto.
– E gli occhi teneva fissi.
– Diroccato giardino.
– Soffocato lamento.
– Vergini rotoli.
– Io sempre l’avevo detto.
– Ingannatrici parole.
– Le guance aveva nere di barba.
– Non fu da mangiare che chiese.
– La scarna donna.
– Questo tranquillamente egli pensa.
– Questa ragione nuova ha trovato.
– La trascorsa settimana.
– Floscio corpo.
– Pure non è a dire. (?)
Pensò, pensando.
– Suppongo che lo so anch’io. (!)
– Le gemelle rotaie lucenti.
– La sua nera faccia.
– Un famelico topo.
– Bizzarri vecchi.
– Un’ondulante sporca piuma bianca.
– Mormorati sospiri.
– La spavalderia ammirandone.
– Calcolatrice disperazione (pag. 367) > disperazione calcolatrice (pag. 368).
– Gemelle vesciche chiare.
– Divertente abbastanza da raccontare.
– Ma è benissimo.

Concludiamo con tre perle:

a pagina 365: “No di no” (ricorda il Gene Wilder rabbino nel west, che sbottava: “Sì che sì !”).

A pag. 285: “E’ una sedia a sdraio … col fondo di tela sbiadito, rammendato e affossato dal peso del corpo di Hightower che, anche se è vuota, sembra portare in una specie di spettrale amplesso perenne.” (?!)

Infine a pag. 312: “Gli fu questo presente a galoppo in un paradossale accoppiamento col bisogno di far presto…”. (No comment).

M. M.
 
***


CONDIVIDI