CERVELLI IN FUGA?
Pochi giorni fa abbiamo avuto l’occasione di ascoltare a Torino, per l’Unione Musicale, la bella orchestra “Spira Mirabilis” nell’esecuzione della Sinfonia n° 4 di Brahms. Una cosa normale, direte voi. Non tanto. Perché si tratta di un’orchestra di giovani, nata nel 2007, che suona senza un direttore e che vive la propria attività come una “formazione continua”, uno spazio di studio e confronto, di approfondimento.
Nel 2013 la città di Formigine (Modena), ha inaugurato per loro un auditorium, che è poi una specie di palestra, dove provano e suonano. Sono giovani musicisti che provengono da tutta Europa che cercano una strada nuova, con equilibrio e impegno. Il concerto di Torno è stato seguito da un interessante dialogo coi giovani musicisti che hanno spiegato, ad un pubblico curioso e partecipe, il loro modo di lavorare per progetti, usando anche le nuove tecnologie e trasmettendoci tutta la loro passione.
Molti di questi musicisti suonano anche in altre formazioni, come quartetti, trii, orchestre e fanno della relazione, del contatto, dello scambio il loro ideale. Anche sulla questione della presenza del direttore sono apparsi equilibrati: sanno benissimo che il direttore ha una funzione precisa e importante, che ha dei vantaggi e dei limiti, come ha dei vantaggi e dei limiti non avere il direttore. Non avevano ideologie precostituite questi giovani della Spira Mirabilis: vogliono solo fare musica. Tra l’altro il loro repertorio è quello “classico” (Schumann, Beethoven, Brahms…).
Ma la novità sta nel fatto che stanno cercando uno spazio internazionale partendo dalle proprie capacità impegnandosi nello studio. Bello ricordare che tra loro vi è Cecilia Ziano, un prodotto del vivaio locale del Conservatorio di Torino che sta viaggiando in Europa anche con il bravissimo e giovane quartetto Lyskamm. Insomma, non sono certo “cervelli in fuga” questi giovani che hanno chiara l’idea che solo attraverso un “movimento” internazionale si può crescere. I giovani, quelli bravi e di talento, hanno da sempre dovuto cercare, in qualunque campo, un orizzonte all’estero. Non ci trovo nulla di strano. Certo, non dobbiamo esagerare, e questo non giustifica lo scarso impegno nella ricerca e nel sostegno ai giovani ricercatori da parte delle Istituzioni. Ma occorre più equilibrio e meno demagogia.
Restando sul tema della formazione delle istituzioni, leggo su Amadeus di gennaio 2017 l’articolo “Una buona scuola” a firma di Luisa Sciocchis che ci spiega come i tanto criticati conservatori nostrani, tra anomalie ed eccellenze, continuino a formare ottimi musicisti da esportazione. Renato Meucci, Presidente della Conferenza Nazionale dei Conservatori e direttore di quello di Novara, fa notare che ad Amsterdam il direttore musicale è Daniele Gatti, il primo clarinetto Calogero Palermo, la prima tromba Omar Tomasoni.
Calogero Palermo, da Caltanissetta ha lasciato prima il Teatro di Roma e poi l’Orchestra National de France, sperando nell’arrivo di Riccardo Muti a Roma. In questo caso i problemi gestionali del teatro e della città lo hanno spinto verso Amsterdam. Domenico Orlando, 37 anni, nato in provincia di Salerno, è primo oboe della Gewandhausorchester di Lipsia. Suonava a Torino, al Teatro Regio e si è ovviamente formato in Italia, nel sud. Poi ha fatto un concorso, dove nessuno lo conosceva, e scelto da Riccardo Chailly, altro grande direttore italiano ora rientrato alla Scala di Milano, si è preso questa grande soddisfazione professionale.
Daniele Damiano è più anziano, originario di Asti è lo storico Solo-Fagottist niente meno che dei Berliner Philarmoniker. Anche lui viene dal Conservatorio di Torino e racconta che andare via “è stato solo un caso…”. Silvia Careddu invece è molto giovane e viene dalla Sardegna. E’ il primo flauto dei Wienes Philarmoniker suo sogno e obbiettivo da sempre. Niente male, queste storie che s’intrecciano così diverse.
Ma la cosa non finisce qui e vale anche nell’altro senso. In ottobre a Torino abbiamo avuto il primo concorso internazionale di violoncello “Benedetto Mazzacurati” a cura del Conservatorio di Torino. Più di cento partecipanti da tutto il mondo. Tra i tre finalisti un giovane italiano, una coreana e la giovane austriaca Julia Hagen, allieva di Enrico Bronzi e membro di una importante famiglia di musicisti. E’ lei che ha vinto a diciassette anni.
Nella prima parte della stagione dell’Orchestra Sinfonica della Rai abbiamo avuto l’occasione di ascoltare altri giovani talenti. Tra tutti ricordo i violinisti Stefan Jackiw e Sergej Kahachatryan, il pianista Benjamin Groosvenor e presto la nostra bravissima Beatrice Rana. Segnatevi questi nomi: sono un investimento per il futuro, non solo musicale.
Una notazione: ad essere sincero, malgrado stimi James Conlon, nuovo direttore musicale dell’Orchestra Rai che ha sostituito il più giovane Jurai Valchua, avrei avuto più coraggio nello scegliere anche qui un giovane direttore da far crescere sul piano internazionale usando soldi pubblici.
Ci sono quindi delle contraddizioni, più o meno grandi, e non c’è da stare allegri, d’accordo, ma continuo a pensare che la cultura e non solo la cultura debba dare spazio e tempo a chi sta cercando un futuro. Così anche noi, più vecchi, avremo un futuro.
Stefano Vitale
Gennaio 2017