CASA DOLCE CASA. Professori tra Nord e Sud

Il 12 novembre leggiamo su “Repubblica” che “Un prof del Sud su due è già tornato a casa dopo un paio di mesi” (di Stefano Parola).

Subito mi tornano alla mente le feroci polemiche di fine estate, quando molti precari, specie del Sud appunto, si lamentavano di avere un posto fisso a scuola, ma in una scuola del Nord. I casi erano limitati e ben circoscritti, ma bastò per fare un gran battage contro il tentativo del Ministero di mettere un po’ d’ordine e di fare qualcosa di concreto contro la precarietà degli insegnanti a scuola.

Molti docenti, anche per ovvie ragioni di vita personale, si erano adattati alla precarietà e ricevere una cattedra al Nord scombinava le cose. Certo metteva fine ad un travagliato sistema di supplenze, clientele, graduatorie ogni anno riviste, a patemi d’animo e a stipendi incerti. Ma creava altri problemi.

Tra gli anni 50 e gli anni 70 l’Italia si è costruita come spazio culturale nazionale, con tutti i suoi pro e suoi contro, anche grazie alla mobilità degli insegnanti che percorrevano la penisola in tutte le direzioni. Determinando anche storie di vita nuove, forme di meticciato interno che hanno davvero migliorato il nostro Paese aprendolo a nuove esperienze di tolleranza e di confronto.

Non è sempre stato semplice: molti ricorderanno i cartelli sulle case “non si affitta ai meridionali”. Ma oggi che l’instabilità economica e professionale è diventata stabile, quasi un’arte della permanenza, è ancora più difficile uscire dal paradosso che, per altro, favorisce anche forme di chiusura e isolazionismo. O si scende a lavorare sotto casa o niente.

Ma il pezzo di Parola ci rassicura. Ad esempio, delle migliaia di insegnanti costretti dall’aver vinto il concorso a spostarsi in una cattedre definitiva del Nord, circa 400 sono finti nelle scuole elementari piemontesi. Oggi 230 sono riusciti a tornare a insegnare per un anno in un istituto in altra regione, specialmente in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania.

Sappiamo che il bisogno di scolarità al Sud è forte, ma sappiamo anche che al Nord vi sono più scuole e più allievi. Se la scolarità del Sud fosse sostenuta, questo sì che sarebbe una cosa buona. Ma la dispersione scolastica al Sud è enorme, e tantissimi sono gli insegnanti. Insomma, il solito paradosso.

Pare comunque che “non tutti i compaesani li abbiano accolti a braccia aperte”. Già, perché questi vincitori di cattedra (che trovano il modo di abbandonare) rientrando in qualche modo a casa loro, usando cavilli e crepe burocratiche, sbattono in mezzo alla strada altri colleghi, meno fortunati supplenti, che si ritrovano senza un lavoro. E sono questi che ora tentano la risalita verso il Nord per cercare di fare gli insegnanti. Un controesodo che ha creato non pochi problemi all’Ufficio Scolastico Provinciale per l’assegnazione delle cattedre che ha dovuto anche fronteggiare l’inevitabile cambio di docenti ad anno scolastico avviato, cosa che nuoce non poco agli allievi, sia del Nord che del Sud. Loro sì che sono gli ultimi a essere presi in considerazione dai maestri.
Il Provveditore di Torino, che si chiama ovviamente ed opportunamente Catania, ha rassicurato tutti sul fatto che le procedure saranno trasparenti.

Intanto sarei curioso di sapere come hanno fatto quei 230 docenti a farsi riassegnare al paesello lasciando un posto sicuro, che certamente è ancora loro. Saranno piovuti certificati medici di ogni genere?

Stefano Vitale
Novembre 2016

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