Dalla Redazione
Un male che non vien per nuocere

Il Premio Grinzane, fiore culturale all’occhiello del Piemonte, è morto. Pace all’anima sua, ammesso che possa trovar pace un’anima che, più sozza di così, non poteva rivelarsi.
Intendiamoci: non esisteva un solo “addetto ai lavori” letterari, in Piemonte e nell’intera Penisola, che non sapesse quali oscenità etiche stessero dietro, e dentro, ad un premio tanto ridondante quanto vuoto di autentico spessore culturale. Ma conveniva tacere: un po’ per pigrizia mentale e per pessimistico disincanto; un po’ perché l’onestà intellettuale, ma non solo, è diventata un mero optional; molto di più perché – chissà – magari ne poteva derivare qualche vantaggio d’immagine, anche se di rimbalzo.

Sta di fatto che c’è voluta la magistratura per abbattere il muro di omertà che proteggeva da anni le malefatte del “patròn” Giuliano Soria e dei suoi soci in discutibili affari. Così, ora, i big della cultura nostrana cascano dalle nuvole sin dentro ad un baratro di stupore indignato, prendono le distanze, si dimettono in massa e abbandonano la nave che affonda come toponi di stiva in gara a chi guadagna terra, salvando la faccia, il più in fretta possibile. Gente importante e dabbene, s’intende, ma assai somigliante alle tre scimmie che si coprono, all’uopo – e cioè sempre – occhi orecchie e bocca per non aver nulla da spartire con chi, più sfigato, cade dal piedestallo minacciando di portarseli appresso.

La magistratura, si diceva. Nel pieno esercizio delle sue funzioni ora indaga e, giorno dopo giorno, a reato si aggiunge estremo di reato, a nomi d’indagati eccellenti si sommano altri nomi ed altre facce da “tivvù”, tutte icone dell’intellighenzia, dell’Amministrazione, dell’industria e del commercio sabaudi, saldamente uniti – cioè complici – nel proposito di farsi pagare i salati conti del loro apparire, di vendere e ristrutturare case fatiscenti dal contribuente anonimo al quale, in media, del Grinzane-Cavour non importa un fico. Preferirebbero una sanità regionale più efficiente e scuole dai soffitti che non crollano, quei sempliciotti poco acculturati.

La magistratura indaga, dunque, ma se c’è una nota comica nello svolgersi di questa vicenda rivelatrice della statura morale del “sistema” culturale italiano nelle sue massime rappresentanze, è data dal fatto che, a far crollare la prima tessera del domino, è stato un immigrato semianalfabeta delle isole Mauritius, un domestico (ma Soria, nella sua infinita erudizione e civiltà multietnica, lo chiamava “schiavo”, “animale” e pure “sporco negro”) dotato di maggiore dignità del suo ‘padrone’; e con maggior senso della morale e del Diritto dei compiacenti favoreggiatori di Giuliano, il riveritissimo boss che adesso sta facendo i conti con l’accusa di reati da nulla quali la malversazione a danno dello Stato e, tra il resto, le molestie sessuali al suo ‘servo’, almeno lui tutt’altro che muto.

Poco c’interessano, qui, le abitudine sessuali o la volgarità d’eloquio dell’indagato quando si apparta con i suoi amichetti tra le mura domestiche. Diverso diventa il discorso, però, se si nota la disponibilità quantomeno acritica e nuovamente cieca delle banche, delle assicurazioni, degli enti e delle associazioni culturali italiane ed europee, in primis dell’Amministrazione Pubblica, quando si tratta di scucire, per anni, cifre da capogiro a beneficio di un “nulla” vestito a festa. Possibile che neppure loro sapessero? E come giustificheranno, in tempo di crisi nera, la disponibilità già dichiarata a finanziare ancora un tale pallone gonfiato a sbuffi di sola, e pura, e lobbistica vanità?

Comunque, bene così: è la fine di un cumulo di ‘monnezza’ piemontese sapientemente imbellettata. Ma solo una tra le tante su cui si regge la consorteria cultural-politico-speculativa del nostro Paese. Una delle tante che si porta in spalle la responsabilità di spingere e gonfiare sempre i medesimi pseudo-maestri della scrittura facendo muro contro la possibile ascesa di altri autori, di altri pensatori, artisti, creativi in genere meno disponibili all’intrallazzo e all’ossequioso inchino, ma dotati di frecce ben più appuntite, nuove ed autorevoli, già pronte da un pezzo per essere scoccate dal loro arco intellettuale.

E allora cosa s’ha da fare perché crollino un po’ prima, l’uno dopo l’altro, inesorabilmente, gli emuli del perfido e corrotto Grinzane? Nulla, se i cinesi hanno ragione. Ci si siede in riva al fiume e si attende il prossimo scandalo: così ci sarà chi può trasecolare di nuovo, stupirsi, indignarsi. Assistere allo spettacolo esilarante degli Elkann, Sanvitale, Mondo, Maraini, Comencini et simila che ‘prendono le distanze’ dopo anni di complici e convenienti silenzi. Basta aspettare che queste coltissime cariatidi del sistema aprano finalmente i loro occhi offuscati dalla gloria. Sono, infatti, gli unici a non aver capito che la società, attorno a loro ma soprattutto ‘sopra’ di loro, sta cambiando. Lo sanno tutti, dai comici come Beppe Grillo ai presidenti come Barak Obama. Loro, gli intellettuali, no. Restano immobili e saldi a mo’ di mura di Gerusalemme, tutti uniti come un sol uomo, a difendere i molti privilegi conquistati: vivendo, perlopiù di rendita, sui ‘capolavori’ scritti mille anni or sono. E solo da alcuni, mica da tutti.

Nel desolante contesto, comunque, una verità è stata detta: a causa del fuggi-fuggi affannoso della giuria e dei garanti, il Grinzane non avrebbe corso il rischio di perdere alcun autentico candidato al Nobel. Peccato lo abbia enunciato il mancato salvatore del premio, il razionalissimo fondamentalista ateo Piegiorgio Odifreddi che, in quanto a prospettive di un viaggio a Stoccolma, ne ha meno ancora dei suoi evanescenti colleghi: e malgrado, su al Nord, l’assunto odifreddiano per cui non si può essere cristiani (e meno che mai cattolici) senza sentirsi anche scemi, sia largamente condiviso. Ma sia chiaro: scrittore lo è anche lui. Almeno quando, insieme a Margherita Haak, fa stampare sui bus urbani qualche irreligiosa frase ad effetto.

Morale della favola? Sull’Olimpo della cultura non c’è morale. Ma molto più in basso – vivvaddio – ci sono ancora “schiavi negri” che, a farselo mettere in quel posto per i soldi o per la gloria, proprio non ci stanno.

A/6

 

– L’arte di non accettare

Chi mi conosce sa quanto poco io sia propensa a intrupparmi e a gioire delle disgrazie altrui: provo sempre una gran pena per le persone che abusano del loro potere e che vivono in funzione di un riconoscimento esteriore; prima o poi sono costrette a cadere dal piedistallo dove si sono poste pretendendo che i – presunti – sottoposti li sostengano.
Costoro hanno dimenticato che le gerarchie non sono costruite su potenziale materiale, bensì sulla creatività, sull’abilità di dare vita alla propria creazione al di là delle certificazioni ufficiali, in un crescendo di potenza aiutato dall’apprendimento delle lezioni che la vita ci offre: più contrasti ci sono e più la persona deve ingegnarsi per realizzare il suo sogno, il motivo della sua venuta sulla terra.

Certo, per individuare il proprio sogno bisogna imparare presto a frequentare il proprio inconscio piuttosto che salotti – o meglio letti bisex – ove tra un rotolamento e l’altro si possono ottenere favori e visibilità. Per gli altri, per chi non ha le giuste frequentazioni e rifiuta la prostituzione, c’è solo il silenzio, il boicottaggio sistematico di ogni attività, il cambio di carte in tavola, la diffamazione, la negazione più totale di ogni successo.
Il silenzio attraverso i media, a cui non corrisponde il riscontro monitorato in Internet perché, nonostante hakers raffinati riescano ad entrare in un sito cancellando recensioni anche dal PC della redazione, le presenze dei lettori aumentano a vista d’occhio.

Con un sorriso di beatitudine chiunque conosca la Legge di causa-effetto evita accuratamente di rimandare al mittente le scorrettezze o le vigliaccate di chi abusa del proprio potere: ci pensa la Legge sotto forma di “destino” a rimettere in equilibrio la situazione! Non basta andare in chiesa tutte le mattine a biascicare preghiere, quando dentro si è rosi da invidia e meschinità; soprattutto quando si ricorre alla sopraffazione della momentanea vittima, supportati da un potere nemmeno poi così nascosto.

Veniamo a conoscenza del fatto che il premio Grinzane ha avuto la benedizione di un salesiano dello spessore di don Francesco Meotto poi, ci informano, il premio è degenerato: i successori dell’illuminato prelato non si sono accorti di nulla. È il caso di dire che anche i preti non sono più quelli di una volta?
Oggi sappiamo che Giuliano Soria (come una persona di mia conoscenza ha affermato) non “è stato un vero signore, l’unico che non abbia mai preteso nulla”: mi chiedo che cosa siano stati i suoi successori in quella istituzione pubblica!
Forse l’abitudine ad assistere a scene isteriche di “potentissimi” e della loro prole annebbia la vista delle persone che pur di restare attaccate al cadreghino assistono, distaccate, ad ogni porcheria perpetrando a loro volta l’abuso.

Di questa settimana la notizia che Soria è stato arrestato con quattro capi di accusa. Solo un grande raggiro orchestrato da un unico regista, come lui stesso afferma, tra una telefonata intimidatoria e l’altra? Potrebbe essere vero: l’unico regista in grado di “far succedere” un’esplosione del genere, è lui stesso!
Lui che insieme alla sua noiosissima lobby malversa da tempi interminabili chiunque abbia creatività, chiunque abbia idee che potrebbero smuovere dalla apnea culturale una città in preda alla superficialità più becera. Infatti…
– Inauguriamo il Carignano? Interessantissimo sapere che la presidentissima indossava uno smoking di Armani.
– C’è una crisi spaventosa? Tassiamoci per mettere i fiori sui ponti, così quando si apre il Wahalla e i Signori scendono dalla collina per entrare in città possono rallegrarsi un po’, prima di prendere atto delle situazioni reali di una cittadinanza in ginocchio.
– Fior di laureati cercano disperatamente lavoro? Assumiamo al loro posto diplomati negli istituti più folkloristici, tanto nessuno controlla come vengono gestiti i finanziamenti pubblici; Soria docet.
– Il costo del pane è cresciuto a dismisura? Beh, è già stato detto, “Diamogli le brioches”: in Grecia sta già succedendo, Robespierre è alle porte… Peccato però che siamo in Italia; e se penso a un dittatore mi viene da ridere!

Quando finirà un simile mercimonio?
Quando ognuno di noi imparerà a non accettare più i soprusi, a dichiarare pubblicamente le malversazioni, a tenere pulito il proprio centimetro quadrato, affrontando le proprie piccole debolezze e quando “ci si confronterà” con gli altri – in grado di poter reggere il paragone – si potrà sorridere tranquillamente della propria egoicità!

Excalibur

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