Sulla perduta libertà di parola

C’era una volta un tempo in cui la libertà di parola esisteva davvero. Sino a pochi anni fa ci si poteva esprimere con una terminologia, che era l’evoluzione naturale della nostra lingua. Lingua nata nel medioevo e che nel corso dei secoli, il buon senso popolare aveva modificato secondo le esigenze. Di pari passo era stata legittimata da scrittori e poeti che avevano recepito i neologismi e al contempo, ne avevano inventati altri. Così ognuno di noi poteva attingere a questo lessico, frutto di un’evoluzione naturale della lingua e usare termini universalmente accettati.

Questo accadeva per tutte le parole e in special modo per quelle che indicavano imperfezioni fisiche, mentali, genetiche etc. Sembra quasi doverose sottolineare che i termini come cieco, sordo, gobbo non indicassero apertamente le patologie relative alla persona a cui il termine si riferiva. L’imperfezione o patologia, non compare assolutamente nelle parole, ma chi le conosce ne sa il significato.
Oggi non è più così.

Sulla scia di una certa corrente di buonismo nata negli USA, oggi chi si permetta di usare termini da sempre ritenuti di linguaggio comune, rischia di essere linciato moralmente, se non addirittura denunciato, per il solo fatto di aver usato vocaboli, che appaiono in tutta una letteratura plurisecolare.
Quello che è avvenuto è qualcosa di assurdo.
Oggi certe parole, a volte invece circonlocuzioni, non sono nate dall’evoluzione naturale della lingua ma imposte da dittatori del linguaggio, che vogliono obbligarci all’uso dei termini di loro gradimento e guai a chi non li recepisce.

In un primo tempo le espressioni avevano sfiorato il grottesco. Termini come videolesi e audiolesi facevano pensate più a dei televisori guasti che non a persone afflitte da terribili menomazioni. Oggi certi farisei del linguaggio sono passati a non vedente e non udente etc., termini per loro buonisti, ma che in realtà sbattono in faccia allo sventurato la sua menomazione. Aggiungiamo poi una definizione orrenda: portatori di handicap. Portatore, da sempre, è qualcuno che prende un oggetto e lo porta da un posto all’altro. Non ho mai capito perché termini che non sono mai stati offensivi, da un giorno all’altro siano diventati degli insulti. Così come quando dei parenti mi avevano comunicato di aver avuto una figlia, da loro stessa indicata come mongoloide. Non credo che volessero insultare lei e se stessi.
Eppure certi farisei inorridiscono davanti a questa parola.
Dopo questi discorsi, non so più come si debbano chiamare, secondo i buonisti, le protuberanze sulla schiena dei cammelli.

Scherzi a parte, sono sempre stato dell’idea che non sia il termine, a essere offensivo, bensì il tono con cui lo si asserisce e il contesto in cui viene inserito. Secondo i vecchi canoni del diritto per l’offesa ci vorrebbe il dolo. Invece i buonisti radical-chic, propugnatori di questi neologismi, considerano terribili e insolenti termini usanti senza malizia da secoli, indipendentemente dalla circostanza in cui sono pronunciati. Non importa se magari per scherzo.
Se li usiamo, veniamo tacciati da mille ingiurie, incluso il razzismo.
Si, perché adesso anche le parole sono diventate razziste.

Per secoli si è parlato di negri, ma ora guai a chi usa questo termine. Di colpo i buonisti manifestano orrore, ci manca poco che non si straccino le vesti e gridano al razzismo scagliando anatemi sul blasfemo che ha osato proferire quel termine. Non so che faccia avrebbero fatto se lo avessero sentito pronunciare da miei amici eritrei, che usano abitualmente quel termine per indicare gli altri popoli africani e in certi casi, per scherzo con i loro stessi figli.

Io poi, scusate se parlo in prima persona, dal momento che sono molto miope mi sono sempre definito “mezzo cieco” adesso cosa devo dire di me stesso, per non offendere i buonisti? Non credo che potrei offendermi da solo. Altra domanda: un sole accecante cosa è diventato; un sole che rende non vedente? Come si definisce un vicolo cieco? È per caso diventato un vicolo non vedente? Il grave però è un altro: pensate a tutti coloro che si chiamano di cognome cieco, sordo, muto, negro, gobbo etc.… Devono farsi cambiare il cognome?
E se si come? E a spesi di chi? Siamo seri per favore.

Purtroppo, però, questi moderni farisei del lessico non si fermano qui, ma proseguono come le panzer divisioni di Hitler. Oltre alle parole offensive di per sé e quelle razziste, ci sono anche le parole sessiste. Sì, perché se io dico “popolo”, sono maschilista; per compiacere i soliti radical-chic dovrei dire “popolazione”, che è parola al femminile.
Ci rendiamo conto che tutta questa pittoresca moda di ragionare è una moderna caccia alle streghe, basata sull’isterismo, non su una tradizione e ancor meno su un pensiero filosofico?

Per continuare, gli ipocriti della lingua non consentono nemmeno l’umorismo su certe situazioni, mentre l’humour o può coinvolgere qualsiasi campo o nessuno. Paradossalmente, i nostri radical-chic accettano anche forme volgari di satira blasfema, offensive per le Divinità e le religioni, ma non quelle sugli omosessuali.
Battute di spirito su certi argomenti sono assolutamente proibite.

Queste forme di caccia alle streghe e di linguaggio ipocrita, fanno venire il dubbio, se non la certezza, che dietro all’atteggiamento farisaico ci sia qualcosa di molto grave. Viene spontaneo dubitare che si voglia condizionare la mentalità delle masse. Il linguaggio è in fondo la manifestazione del nostro modus cogitandi. In conclusione, chi mira a imporre di esprimerci come vuole, sta già condizionando, oltre al linguaggio, anche il pensiero.

Francesco Cordero di Pamparato

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