La crisi economica che ha investito il nostro Paese, l’Europa, il mondo interno è lunga e complessa. Più lunga di quanto si potesse immaginare. Come molte Cassandre inascoltate già dicevano, si tratta di una crisi strutturale, di un modello di “sviluppo” che non funziona più, da tempo.
Tante sono le vittime di questa crisi che avvolge, in una spirale di eventi grandi e piccoli, tante persone. Sono le persone qualunque che pagano il prezzo della crisi così come sono le persone qualunque, inermi e incolpevoli, che pagano il prezzo di situazioni estreme e terribili come le guerre e il terrorismo, altro elemento legato alla crisi economica stessa.
Tante storie sono state raccontate in questi anni. Storie di imprenditori, piccoli e grandi, falliti, costretti a gesti estremi; storie di abusi e soprusi, storie di ingiustizie e corruzioni. Cose che da sempre esistono, si dirà. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque? Forse, ma ci sono storie che sono anche eventi sentinella di una malattia sociale ed esistenziale più grande, che non dobbiamo sottovalutare.
Poche settimane fa mi ha colpito la storia di Rosa Lo Nardo, una donna di 45 anni morta suicida per le vessazioni dell’azienda. Ne parlò Riccardo Arena il 10 marzo 2016 su “La Stampa”.
Rosa viveva a Palermo e lavorava per la Farmitalia, un colosso dell’industria farmaceutica, come “cococo”. Faceva l’informatrice medico-scientifica. Rosa, secondo la ricostruzione del Pm con la collaborazione della famiglia assistita da due avvocati, fu oggetto di mobbing attraverso trasferimenti continui di sede di lavoro; contestazioni disciplinari per presunte mancanze professionali; pedinamenti da parte di agenzie investigative, minacce e intimidazioni da parte dei manager dell’azienda; divieti di partecipare ad aggiornamenti, intralciata nel lavoro con continui pretesti. Ovviamente i trasferimenti venivano motivati come “giusto riconoscimento delle sue qualità lavorative”. Cosa che non ha impedito il suo licenziamento finale (avvenuto sulla base di una relazione di detective privati che l’accusavano di aver cercato di “lucrare sulla retribuzione oraria”).
Quindi Rosa, dopo gravi stati di ansia, ha scelto il suicidio a soli 45 anni. Gli avvocati della famiglia hanno chiesto di rinviare a processo i due manager catanesi presunti responsabili di ben nove atti di “violenza privata” che avrebbero appunto condotto Rosa Lo Nardo a togliersi la vita. Per la Procura sono stati “atti di ritorsione”, per la difesa “tutto è basato sul nulla” nel più classico ed ovvio quanto legittimo, gioco delle parti.
Non so se il processo verrà celebrato. Certamente non ci si suicida per caso. Il dato è che accadono queste cose, terribili e assurde. Il clima della crisi è pesante: segnato dall’arroganza dei poteri, quali che siano. E il mondo è un teatro indifferente, una macchina che trita piccole e grandi storie “basate sul nulla”.
Stefano Vitale