Ripartiamo dalla Brexit. Molti di noi ci rimasero male ed anche molti britannici che votarono con la pancia. Infatti oggi si stanno organizzando per ritardare il più possibile l’uscita dall’Europa.
Il motivo è semplice: i vantaggi del continuare a restare dentro sono molti. Ma sono interessanti, sul piano politico, anche quelli a stare fuori. E per aumentare il carico positivo, il governo inglese, ad esempio, cerca di attrarre capitali abbassando le tasse per le imprese. Tutto normale: la botte piena e la moglie ubriaca è il sogno di tanti. Ma può funzionare sul breve, non a lungo.
Tuttavia l’onda lunga della Brexit è andata avanti. Oggi è evidentemente più facile prendere voti cavalcando lo scontento e la povertà creata dalle politiche di rigore liberistiche scaricando le “colpe” sull’immigrazione e le troppe tasse. E ovviamente rilanciando il solito discorso anticasta politica. Tutte cose anche vere: perché la tecnica è quella della “mezza verità” che, parafrasando Karl Krause, a volte è una bugia altre volte una verità e mezza difficile da capire.
Resta il fatto che sulle mezze verità si sono creati degli equivoci politici enormi. Si veda quanto accaduto in America. Donald Trump è un altro esempio. Certo la Clinton non era un candidato “perfetto”, ma peggio di Trump è difficile immaginare altro. Sul piano economico, torneranno in primo piano gli interessi dei più ricchi e i poveri, i disoccupati, i contadini abbandonati che lo hanno votato, la pancia arrabbiata degli States, non avranno nulla se non un pò di demagogia a basso costo.
Il fatto che Trump abbia avuto meno voti di Clinton ma abbia vinto la dice lunga sui contorti passaggi della democrazia oggi, e che abbia avuto più voti nelle campagne e sia stato sconfitto nelle città, un po’ come fu per la Brexit, ci dice che ragionare con la testa non basta. Così come ci dice che chi vuole vincere le elezioni deve anche saper parlare a chi non gli rassomiglia affatto. La politica funziona quindi quando ci si mette contro l’establishment, si è detto, come se loro, i politici non fossero parte dell’establishment, specie uno come Trump (ed anche Clinton, ovvio).
La lotta al Sistema degli anni settanta non muore mai. Il fatto è che si persevera in uno svuotamento della politica fatta di ragionamenti e nell’ingrasso delle politiche fatte con la pancia. Non stupisce l’ultimo appello di Grillo per il prossimo referendum di “votare con la pancia e non col cervello”. Chi rimette sono i giovani che, pur introdotti nella politica con le modalità dell’entusiasmo, spesso padre del fanatismo, non troveranno certo soluzioni nuove. Ma ci rimettono tanti cittadini “normali”.
Jean Jouzel , climatologo dell’Agenzia ONU, dichiara che “capisco i minatori (che hanno votato Trump) ma il fossile non ha futuro”. Trump vuole, ad esempio, rigettare gli accordi di Parigi sul clima contro il riscaldamento globale, vuole incrementare le produzioni di carbone, abolire le restrizioni sulle emissioni di gas, abolire le limitazioni sulle trivelle. Ma non basta, non ci si illuda che farà politiche meno militaristiche. Ha già annunciato che manderà truppe di terra in Siria e se ritirerà denaro dalla Nato lo farà per spendere di più in Patria. Farà il muro sul confine con Messico, ridarà fiato alla caccia alle streghe, al maschilismo, alla vendita e all’uso di armi personali, sdoganerà la presenza aperta delle frange più fasciste e violente della società. E sicuramente tanti ricchi magnati saranno autorizzati, come ha fatto lui, a non pagare le tasse.
Luca Ricolfi sul Sole 24 ore ha scritto un pezzo interessante “In quel voto liberatorio la Waterloo del politicamente corretto” (13 novembre 2016). Ricolfi centra bene una questione: il tema è la riduzione delle disuguaglianze che i democratici, malgrado gli sforzi (si pensi all’Obama Care) non sono riusciti a realizzare. Ma la sua conclusione è per me inaccettabile: la rivolta degli americani espressa nel voto a Trump è quella contro il “credo dei benpensanti”, quello di chi pensa che vi siano degli “ignoranti, bigotti, razzisti, sessisti”. Ricolfi dice che c’è come una richiesta di cittadinanza, di riammissione nel consesso delle persone degne di rispetto per questo tipo di gente. I razzisti vogliono quindi liberarsi dal marchio d’infamia di essere razzisti. Peggio di così non si può immaginare.
Il guaio è che anche in Italia le cose non vanno per il meglio. Il Referendum del 4 dicembre ha scatenato risse e contrasti dai toni molto accesi e spesso preoccupanti. La cosa ha generato confusione, avvelenato i pozzi dell’informazione, polarizzato l’opinione pubblica su aspetti superficiali e semplicistici. Tutto il contrario della politica seria. Forse ha ragione Michele Serra che nella sua “Amaca“ del 29 novembre scriveva della follia delirante dell’onnipotenza di indire un Referendum su una legge già votata sei volte dai due parlamenti. Accendendo un conflitto su questioni che nulla hanno a che vedere col merito.
Ma oggi le cose vanno così: la pancia vince, la testa perde. Ma poi sta a chi ha testa raccogliere i cocci e così avanti, finché c’è un po’ di cervello, finché anche la pancia non salirà almeno al cuore.
Stefano Vitale