MINO MACCARI (1898-1989)
NOTE SULL’AUTORE
Mino Maccari (1898 – 1989). Nato a Siena nel 1898, a diciannove anni partecipa alla Grande Guerra come ufficiale di artiglieria di campagna. Tornato a Siena nel 1920 si laurea in giurisprudenza ed inizia a lavorare presso lo studio dell’avv. Dini a Colle Val d’Elsa.
Sono di questi anni i suoi primi tentativi di pittura ed incisione. L’esordio di Maccari in pubblico è con il Gruppo Labronico. Nel 1922 partecipa alla “marcia su Roma”. Nel 1924 viene chiamato da Angiolo Bencini a curare la stampa de “Il Selvaggio”, dove vi appaiono le sue prime incisioni; nel 1926 abbandona la professione legale e ne assume la direzione fino al 1942. Nel 1925 la redazione del “Selvaggio” si trasferisce a Firenze e tra i suoi collaboratori annovera Ardengo Soffici, Ottone Rosai e Achille Lega.
Nel 1927 Maccari partecipa alla II Esposizione Internazionale dell’Incisione Moderna e alla III Esposizione del Sindacato Toscano Arti del Disegno. L’anno dopo è presente alla XVI Biennale di Venezia.
Nel 1929 “Il Selvaggio” si trasferisce a Siena e Maccari espone delle puntesecche alla II Mostra del Novecento Italiano a Milano. Agli inizi degli anni Trenta è capo redattore de “La Stampa” di Torino, accanto al direttore Malaparte. Nel 1931 partecipa alla I° Quadriennale di Roma (dove sarà ancora nel 1951 e nel 1955). Nel 1932 “Il Selvaggio” si trasferisce a Roma. Nel 1938 viene invitato alla XXI Biennale di Venezia con una sala personale, collabora ad “Omnibus” di Longanesi e tiene una mostra personale all’Arcobaleno di Venezia.
Nel 1943 espone ad una personale a Palazzo Massimo in Roma e alla Mostra Dux al Cinquale di Montignoso. Nel 1948 è di nuovo alla Biennale di Venezia dove gli viene assegnato il premio internazionale per l’incisione (vi sarà anche nel 1950, 1952, 1960, 1962).
Alla fine degli anni Quaranta inizia la sua collaborazione alla rivista liberale “Il Mondo”, diretta da Pannunzio, conclusasi nel 1963. Nel 1955 è alla Biennale di San Paolo (Brasile). Nel 1962 gli viene affidata la presidenza dell’Accademia dei Lincei. Quindi nel 1963 tiene una mostra personale a New York alla Gallery 63 e nel 1967 partecipa alla “Mostra d’Arte Moderna in Italia 1915-1935”, tenuta a Firenze a Palazzo Strozzi.
Seguono una serie di mostre personali ed esposizioni internazionali di grafica, tra cui quella del 1977 a Siena, dove gli viene dedicata una personale a Palazzo Pubblico.
Muore nel 1989 a Roma.
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I PIU’ NOTI AFORISMI DI MINO MACCARI
Estrapolazioni aforistiche da: “L’Italiano” (Il farnetico) – “Gli avvertimenti” – “Antipatico”
“Il Selvaggio” (Spuntature – Mattatoio – Fondi di Magazzino – Punture – Pillore) “L’Almanacco”
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I mediocri ci odiano. Buon segno!
Ha molto più da nascondere tuo padre a te, che tu a lui.
Largo ai giovani! Un bel complimento davvero! Largo si fa ai vecchi.
È pericoloso dare gratis ai giovani molte cose che costarono carissime ai più anziani.
E fu così che io persi la sua verginità.
Beati gli ultimi se i primi sono pederasti.
Anche gli antichi, dopo tutto, di coglionerie ne dicevan tante.
Ogni imbecille tollerato è un arma regalata al nemico.
L’attività del cretino è molto più dannosa dell’ozio dell’intelligente.
Conosciuti bene i furbi ci si vanta di essere fessi.
Uno scrittore compromesso con il ‘futuro’ regime.
Il male di moltissimi cattolici è che somigliano maledettamente ai protestanti
Se si accorgono che sei onesto, sei fottuto.
Il bambino che accarezzi sghignazzerà ai tuoi funerali.
Non far ricamare iniziali sulla biancheria, infastidiresti gli eredi.
Siete un pugno di uomini indecisi a tutto.
Non c’è nulla come la fretta che faccia perdere tempo.
Del successo occorre considerar la natura, non il rumore.
Lo sport è l’unica cosa intelligente che possono fare gli imbecilli.
Le macchine si perfezionano, e gli uomini rimbecilliscono.
Non sappia la tua sinistra ciò che fa la mia destra.
Giovani non si nasce, si diventa.
Più dici la verità, e più potrai dir bugie.
Chi vuol crescere sani i bambini li tenga lontani da Penna e pennini.
Dopo aver trovato, è allora che bisogna cercare.
Se riesci a stare per più di due minuti in compagnia di un cretino, sei un cretino anche tu.
L’unico modo di incoraggiare l’arte è quello di scoraggiarla.
“Lei mi ha pestato i piedi tutta la sera”. – “Sì, ma lei, Signora, mi ha pestato il cuore”.
O Roma, o Orte.
– Da “Scrittori italiani di aforismi”
(Meridiani Mondadori vol. II, a cura di Gino Ruozzi)
Faiblesse obige.
Non sapendo dipingere, si valeva del suo colore politico.
O Pittura, quante tele si commettono in tuo nome!
Epitaffio: “Nacque, nocque”.
E Provvisorio uccise Definitivo.
Se perdoni a tutti, chi perdonerà a te?
Non fare differenza tra cristiano e ebreo, a meno che non la facciano loro.
Delizie dell’Adulterio: “Fu il primo bacio molto saporito / Trovai tra le tue labbra un dente di tuo marito”.
Anche i radioconcerti ebbero un precursore: il rumore dell’olio in padella.
A forza di sentire imbecilli che citan Dante sono stato a un pelo di fargli causa, al Divino poeta.
Il mondo è sempre stato futurista.
Chi fu l’artista che pensò a orlare d’alberi la vetta de’ poggi? Anonimo. E gli artisti del mio tempo incidono nome e cognome su malinconici aborti di marmo per tutte le piazze d’Italia.
In tutti i campi, non c’è razza più antipatica dei “sacrificati” di professione.
Il vero collaudo di un gerarca consiste nella prova della sua capacità a fare il gregario.
Non c’è peggiore offesa alla disciplina, che scambiarla con la cortigianeria.
Capitale nemico dei furbi è il tempo: perciò si affrettano tanto, e si danno tanto da fare.
Il Novecento sta all’Ottocento come il Novecentismo all’Ottocentismo: come la strada maestra alle deviazioni.
Noi italiani come vecchi siamo troppo vecchi; come giovani troppo giovani.
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