ISTRUZIONI PER UN FELICE RITORNO

Nostos = ritorno a casa. Algos = dolore = Ritorno doloroso
Ritorno doloroso a un qualcosa di cui si ha il ricordo, ma di cui non esiste più la possibilità di usufruirne.
Quale maggiore connotazione può avere un ricordo doloroso se non quello che sta all’origine, quello di quando, immersi nel paradiso terrestre vivevamo l’eterno, senza nostalgia di questo?

Il paradiso terrestre, un mito imprescindibile. Uno di quei miti che si trova in tutte le religioni più o meno con formule diverse (Nirvana, Gerusalemme celeste, Giardino delle delizie) ma con gli stessi attributi di beatitudine/eternità: un contatto con la Natura diverso perché immersi in questa ne eravamo parte attiva.
Mito? Sì, un mito, una “parola” che viene da lontano perché Μũθος (Mutzos), Λογος (Logos), Σπος (Epos) vogliono dire tutti PAROLA: solo nella lingua greco tarda Μũθος prende il valore di narrazione, favola (Esopo, Platone) ma anche qui con un preciso motivo perché sono insegnamenti, immagini archetipiche.

R
imane quindi solo Λογος a definire chiarezza profondità della conoscenza genuina.
La radice di Λογος arriva dal greco e dal latino leg col significato originario di “scelta” (non “raccolta” che è più tardo). In Omero Λογος è la parola su cui si è riflettuto per cui si coniuga con il concetto di razionale, di prodotto dell’emisfero sinistro. In Omero Μũθος non ha il significato di ponderato, logico, sensato. È l’avvenimento, la storia nel senso di accaduto.È la parola che dà notizia del reale, un dato di fatto, una rivelazione, è consacrato, cioè diverso da qualsiasi altra enunciazione. È un’immagine che non ha bisogno di esser definita esatta o inesatta: è data come realtà acquisita. Come tale non va spiegata o chiarita: non è un procedimento cerebrale del pensiero.

Ogni ragionamento però presuppone un’intuizione di fondo, un’esperienza di fondo, una concezione di fondo, cose che non consentono più una critica razionale perché appartengono all’essere stesso dell’uomo risultando così generalmente inconsce: per cui si passa a “VERITA’” – “RIVELAZIONE” – “ESPERIENZA ORIGINARIA. Diventa quindi, quando non celata nell’inconscio, esperienza originaria rivelatasi per mezzo della quale è possibile anche il pensare razionale. Per questo il mito non è sparito presso di noi: se resta inconscio, è come se non esistesse, ma c’è.

Come ha potuto succedere questo?
Perché l’uomo ha incominciato a elaborare sempre di più il pensiero, affinandosi e allontanandosi dalla facoltà di vedere, percepire le immagini del proprio inconscio. È il primato della ragione sulla intuizione, dell’emisfero sinistro sul destro, di Adamo su Lilith con conseguenti problematiche. Perché il mito di Lilith parla chiaro: semplicemente lei non accettava la sudditanza: nella creazione dell’Opera, voleva la parità, uguale dignità e forse non aveva tutti i torti.
Li creò maschio e femmina. Li benedisse e diede loro il nome di Adamo” significa che senza la parte femminile l’uomo non aveva neanche il nome. Erano uniti, avevano lo stesso nome, ma c’era chi voleva decidere, chi aveva rifiutato, quindi separato, la sua parte “colma di saliva e sangue” di cui per altro era composto anche lui (epher = polvere, dom = sangue, narah = fiele / saliva).
Eva viene dopo, in risposta a una domanda, quindi sempre prodotto dell’emisfero sinistro.
Ecco, forse è proprio qui che compare la nostalgia. Nostalgia di una unità, di quando Adamo (Adamas = indivisibile) avrebbe dovuto, invece di guardarla con sospetto e lasciarla scivolare via di notte, unirsi più strettamente a lei ed evitare di allontanarla.
Così Lilith non avrebbe dovuto andare sul Mar Morto e generare demoni; lui non sarebbe andato protestando dal Padreterno “come un figlio che si affida alla esperienza e all’autorità paterna” e non sarebbe arrivata Eva.

Nessuna donna avrebbe dovuto recitare la parte di Eva, andare a cercare proprio un serpente bastardissimo che facesse balenare l’idea della conoscenza. Di nuovo serpeggia la nostalgia: Eva che vuole essere onnisciente ha dentro di sé la nostalgia di quella scintilla divina onnisciente come noi tutti… perché anche nel nostro inconscio la nostalgia è per qualcosa che abbiamo sperimentato, la fusione totale con il Creatore.
Ci sono quelli che hanno tentato di dirlo – come il mistico sufi al-Halladi morto nel 922, la cui dichiarata identificazione con Dio costò la vita – ma non sempre sono stati compresi e apprezzati nella loro visione di ascetica trascendenza in cui Dio è semplicemente uno stato da raggiungere.
Eppure se attivassimo il nostro cervello (di cui usiamo in minima percentuale il 20%) in modo totale, certamente molti ricordi sarebbero diversi, non dolorosi, perché collegati alla legge di causa/effetto risultando per lo meno accettabili.
Attivare il cervello. Essere in grado di rendere perfetta la fusione tra le due parti, realizzare una perfetta sintesi tra le due funzioni: analisi, logica, critica, elaborazione numerica con le intuizioni, le immagini.
Secondo Julian Jaynes esisteva un tempo nel quale ciò era possibile: ci rimanda all’epoca micenea, più o meno alle gesta di Troia omerica. Secondo la sua teoria l’uomo di allora sentiva realmente la voce degli Dei e questi gli apparivano realmente.

L’ipotesi un diverso funzionamento cerebrale traendo testimonianza appunto dall’Iliade di Omero, nella quale gli eroi sono descritti come persone che “vedono” e “sentono le voci divine” è affascinante: basata sul fatto che nell’emisfero destro, nella parte specchiata dell’area di Broca, gli uomini di allora potessero davvero percepire le voci, essere in connessione con gli dei, con il divino, cosa peraltro testimoniata dalle pratiche religiose di tutta la fascia mediterranea. Vi era un tempo, in determinati luoghi, in cui tutti gli uomini potevano avere questo contatto mistico. Fu poi appannaggio della casta sacerdotale, che dovette poi fare uso di droghe per questo connessione. Poi anche le sacerdotesse dell’oracolo di Delfo, o le sibille cumane, persero il loro potere, legandosi sempre di più alla materia e perdendo le facoltà peraltro attive ancora in alcuni di noi.
Si tratta quindi di funzioni cerebrali in cui l’ipofisi, la ghiandola pituitaria e l’ipotalamo possono creare la vista e l’udito, capacità che in potenza abbiamo tutti ma che non a tutti è dato di scoprire, specie se la ricerca viene fatta verso l’esterno con pretese di scientificità. Meditazione, suoni, vibrazioni emesse dalla laringe e conoscenza di cristal bowls o campane tibetane sono alla portata di tutti, basta averne voglia.

Questi poteri sono legati al mito? Ovvio, lo dice la parola Μũθος. È però una “parola” abbastanza convincente se vogliamo dare la giusta dignità alle intuizioni, legate per altro alla facoltà del memorizzare.

Chicca Morone

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