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Marco Morello

Avendo letto via Internet, alla voce Alessandro Bergonzoni, che il noto comico è accreditato del titolo di ‘Inventore del più lungo palindromo della lingua italiana: ‘ACCAVALLAVACCA‘, ci tocca precisare quanto segue:

1) il suddetto palindromo non è il più lungo in lingua italiana: già soltanto ALLERTANATRELLA lo supera di una lettera;

2) ACCAVALLAVACCA è altresì il più lungo palindromo omovocalico in italiano;

3) l’ideazione del vocabolo va attribuita, fino a prova contraria, al nostro collaboratore Marco Morello, che la escogitò assieme ad altre chicche similari la sera del 3.12.88, dandone subito comunicazione a Stefano Bartezzaghi, il quale ne dette notizia al mondo nella sua rubrica sul ‘Tuttolibri’ de “La Stampa” in data 14.1.89 e successivamente intitolando il suo libro Accavallavacca per Bompiani nell’ottobre 1992 e in edizione tascabile nel giugno 2003.

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A vent’anni e più dall’ideazione del fortunato palindromo, mi sembra il caso di aggiungere qualche postilla filologica.
Ormai l’accavallavacca è diventato più cose:

1) lo strumento per stipare una vacca sull’altra (o su un cavallo)
2) l’umano che esegue lo stesso compito
3) il libro Bompiani di Bartezzaghi e la sua ristampa
4) vari siti Internet che si sono appropriati del vocabolo, il più brillante essendo forse quello di certe suonerie telefoniche, che inalbera come logo un cartello di divieto con una vacca bicefala, molto buffa, iconograficamente palindroma, nel senso che ha una testa davanti e l’altra dietro.

Il solito nume tutelare dell’enigmismo e del ludolinguismo italico (Bartezzaghi), nel suo libro dava conto di una brillante trascrizione algebrica derivabile dal mio palindromo: H con esponente v, che si deve leggere ACCA, V: ALLA V ACCA, cioè H elevata a potenza V !

Oppure si può rispondere all’indovinello: quanto costa la mucca ? Un o un’acca: ACCA VAL LA VACCA!

Oppure ancora, ai tempi belli, si poteva esortare Alba Parietti appollaiata sul trespolo: ACCAVALLA, VACCA! Ma non era elegante…

Termino con un paio di sinonimi palindromi, uno di Bartezzaghi: ACCUMOLO-MUCCA e uno mio, con spostamento della Fin fondo e lettura retrograda:
FARE FITTA LATTIFERA.

Marco Morello - febbraio 2009

INVENZIONI LESSICALI MORELLIANE
dal 1979

ACCAVALLAVACCA
(il palindromo monovocalico più lungo della lingua italiana)

OTTURARUTTO
(sostantivo palindromo)

IPPOPOTOPOPPI
(aggettivo e sostantivo maschile plurale palindromo)

TàCHIPO
(altro nome del ghepardo)

ANTIBOSCIDE
(coda d’elefante)

ALL’UNìCRONO
(all’unìsono è corretto solo per i suoni!)

ANGLOGLOSSO
(inerente all’area linguistica britannica)

CRITTOCATTOCOMUNISTA
(antesignano o nostalgico del compromesso storico)

RANAGLIFI
(affini agli anaglifi, strofette surrealiste, ma pure anagramma di ‘filigrana’)

UN PISUSCIO ALL’ANO
(sempre meglio di un Pisano all’uscio; o no ?)

NOVUNQUE

TRANSLATIONS

Due traduzioni eccellenti: Giacomo Leopardi e Ugo Foscolo
translated by Marco Morello: 20 maggio 2005
INFINITY

Ever dear to me was this lonely hill,
And this hedge cutting out the sight
Of most of the farthest horizon.
Yet sitting and gazing, endless
Spaces beyond it, and divine
Silences, and deepest quietness
I fancy in my thoughts; so that my heart
Is almost frightened. And as the wind
I hear rustling among these trees, I start
Comparing that infinite silence
To this voice: and I recall eternity,
And the dead seasons, and the current
And living one, and its sound. Thus in this
Immensity my thought drowns:
And wrecking is sweet within this sea.

L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

TO ZACINTO


Never again will I reach the holy shores
Where my childlike body lay,
My Zacinto, mirroring in the waves
Of the Greek sea from which Venus was born,
Virgin, and made those isles fruitful
Through her first smile, hence the famous verse
Didn’t neglect your limpid clouds and boughs
Of him who sang the fatal waters
And the strange exile why,
Handsome for fame and misfortune,
Ulysses kissed his stony Ithaca.
You nothing else but song will get
By your son, mother country; Fate
. .Imposed on us an unwept buria

..A ZACINTO

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

“La Stampa”, dicembre 2010

INFINITY
translated by Jonathan Galassi, Farrar, Straus & Giroux

This lonely hill was always dear to me,
And this hedgerow, which cuts off the view
Of so much of the last horizon.
But sitting here and gazing I can see,
In my mind’s eye, unending spaces,
And superhuman silences, and depthless calm,
Till what I feel is almost fear. And when I hear
The wind storm in these branches, I compare
The dead seasons and the present, living one
And how it sounds.
So my mind sinks in this immensity,
And foundering is sweet in such a sea.

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