D. Per scrivere da professionisti, basta il talento innato?
R. Forse no: immaginare e realizzare è sempre stato difficile.

D. Su per giù quanti libri hai letto per ogni opera che hai scritto?
R. Non saprei proprio dirlo: ho cominciato a leggere a sei anni e da allora non ho più smesso.

D. Poesia, narrativa, saggistica, giornalismo: se un genere ti ha catturato più degli altri, sai il perché?
R. Nell’ordine poesia, narrativa, saggistica, ma naturalmente dipende dall’autore.

D. La scrittura di oggi esige una differente preparazione culturale rispetto a quella necessaria ieri?
R. Forse sì, ma come in ogni epoca; il talento, come anche il terreno più fertile, va coltivato ed esige una continua manutenzione.

D. Di chi è la maggiore responsabilità se in Italia si legge così poco?
R. Famiglie senza un libro; insegnanti che non trasmettono la passione per i libri; esaltazione delle prestazioni fisiche (il calcio è ormai l’oppio del popolo); la TV che abitua alla fatuità (le poche trasmissioni culturali si vedono a notte alta); il rifiuto di pensare vivacchiando nei gruppi.

D. Come lo vivresti un eventuale insuccesso di critica e successo di pubblico?
R. Si scrive in fin dei conti per se stessi: se gli altri ti apprezzano perché ritrovano qualcosa di se stessi, tanto meglio. I critici si ritengono i protagonisti delle arti (“questo sì, questo no”) e oggi promuovono ogni genere di banalità: non mi fido più.

D. Il tuo rapporto con l’editore è generalmente più d’amore o di odio?
R. Col mio solo editore vado d’accordissimo.

D. Vincere oggi un importante premio letterario, appaga l’Ego dell’Autore tanto quanto soddisfa la sua borsa?
R. Un po’ di appagamento certo, ma ho percorso una sola volta (a Torino in Sintesi) la via della competizione, e non ho mai aspirato a scrivere un best seller.

D. Incide, nel successo di uno scrittore, l’appartenenza ad una corrente politica o ideologica?
R. Forse qualche anno fa: oggi presso gli editori, più che le ideologie, s’interrogano quasi sempre sul “si venderà?”

D. E’ possibile, oggi, che un grande scrittore non venga mai scoperto e resti per sempre nell’ombra?
R. “Habent sua fata libelli”, oggi come ieri. Confrontarsi coi grandi è rischioso e temerario, ma ne vale la pena; competere coi mediocri (ce ne sono davvero troppi!) è impossibile.

D. Può durare oltre la sua generazione la fama di un mediocre scrittore asceso agli allori per ragioni “promozionali”?
R. No, basta un anno e cala l’oblio. Vero è che l’oblio e il disinteresse (controllo spesso le richieste alle biblioteche pubbliche) colpisce anche i grandi: Dostoevskij è menoso… Proust è troppo lungo… ecc. Basta pensare che una scuola italiana intitolata a Dante ha recentemente cambiato il nome ritenuto ormai obsoleto: si chiamerà Scuola Fabrizio De Andrè. Del resto, quanti oggi (fuori dalle scuole) leggono la Commedia, l’Ariosto, il Gadda?

D. Quando metti la parola fine a una tua opera, hai la consapevolezza di quanto sei riuscito a dare o a non dare?
R. In genere sì, ma la parola fine mi mette ogni volta una gran tristezza: ‘e adesso’?

D. Hai mai provato il desiderio di rinnegare qualcosa che hai scritto?
R. No, anche se ho una scala di preferenze. Se mi accorgo di iniziare qualcosa che non sta in piedi smetto subito, strozzando (come si dice) il bambino nella culla.

D. Leggere un’opera altrui che giudichi eccellente ti stimola o ti scoraggia?
R. Mi stimola, anche se scrivere vuol dire che in fondo si pensa (con un po’ di arroganza), che quello che si è fatto finora e dagli altri non basta.

D. Hai già scritto l’opera che hai sempre voluto scrivere?
R. Sì, ma tra quelle che ho scritto non saprei indicare quella che mi rappresenta di più.

D. Cosa ami del mondo e del tempo in cui in vivi? Cosa detesti?
R. La conquista, ancora iniziale, dei diritti umani e la pretesa di giustizia, valori che nei tempi di grande creatività (pensiamo al Rinascimento) erano meno avvertiti.
Detesto le canaglie politiche ed economiche, gli sfruttatori e chi vuol solo far soldi (anche scrivendo scemenze).

D. Quale luogo comune, imperante nel nostro tempo, vorresti sfatare?
R. Che lo sport è “educativo”.

D. Qual è il valore più importate che ritieni vada difeso o recuperato?
R. La dignità, la consapevolezza di far parte di una storia sempre in fieri, il bisogno e il piacere della Bellezza (quella che secondo Dostoevskij salverà il mondo).

D. Dando un voto da 1 a 10, quanto sono della persona e quanto del “personaggio” le tue risposte in questa interSvista?
R. I “personaggi” sono quasi sempre autobiografici (anche con molti mascheramenti) ed è difficile dare voti a se stessi.

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