D. Per scrivere da professionisti, basta il talento innato?
R. Il talento innato conta molto, ma per scrivere da professionisti bisogna esercitarlo con studio , pazienza e fatica, e non compiacersene troppo.

D. Su per giù quanti libri hai letto per ogni opera che hai scritto?
R. Per le opere di narrativa che ho scritto non ho letto alcun libro. Sono il risultato della cultura metabolizzata nel corso degli anni e dell’esperienza fatta. Invece per il saggio sulla Strategia della differenza Maschile-Femminile (che mi è stato richiesto dall’editore) ho consultato qualche libro (non più di una decina). Non mi sarei mai messa all’opera se non avessi già conosciuto l’argomento essendomene occupata per anni sul “Il Giornale”.

D. Poesia, narrativa, saggistica, giornalismo: se un genere ti ha catturato più degli altri, sai il perchè?
R. Amo la narrativa perché la considero una forma di creatività che, per avere un senso compiuto, deve seguire una logica interiore e saperla comunicare. Per quanto riguarda la poesia e la saggistica, pur avendole praticate, le considero con una certa diffidenza, a meno che il poeta non sia Leopardi e il saggista Emanuele Kant. La cosiddetta “poesia” è troppe volte un pretesto per mettere in fila parole a vanvera, e la saggistica spesso è un lavoro che non richiede creatività e ha già una traccia segnata. Le stesse riserve dovrebbero valere anche per la narrativa:
“o la Yourcenar o nessuno” ma in questo caso sono più indulgente perché mi sta a cuore . Quanto al giornalismo lo considero, nel mio caso, un lavoro della mano sinistra.

D. La scrittura di oggi esige una differente preparazione culturale rispetto a quella necessaria ieri?
R. Non credo che la scrittura di oggi richieda una preparazione diversa da quella di una volta (semmai si nota spesso la mancanza di preparazione, basta dare un’occhiata ai giornali o a Internet ). Però i tempi cambiano e la scrittura si deve aggiornare lasciando cadere il superfluo, “imperocché” sarebbe ridicolo scrivere con stile e termini arcaici.

D. Come lo vivresti un eventuale insuccesso di critica e successo di pubblico?
R. Lo vivrei da ricca con la coda di paglia.

D. Il tuo rapporto con l’editore è generalmente più d’amore o di odio?
R. Il mio rapporto con l’editore DEVE essere d’amore altrimenti mi sento figlia di nessuno e mi blocco. Quando con il precedente editore “ogni passione si è spenta” ne ho cercato un altro e adesso ho un nuovo amore.

D. Vincere oggi un importante premio letterario, appaga l’Ego dell’Autore tanto quanto soddisfa la sua borsa?
R. Ne ho vinti due, di media risonanza, il Comisso e il Napoli. Ego soddisfatto (ma bisogna considerarsi molto per far durare a lungo certe soddisfazioni) . Denaro sufficiente per un capriccio che mi sarei tolta comunque.

D. Incide, nel successo di uno scrittore, l’appartenenza ad una corrente politica o ideologica?
R. L’ appartenenza a una corrente politica o ideologica conta moltissimo, purtroppo. Per avere successo nelle grandi case editrici, nei giornali, nelle televisioni, non tanto è necessaria una tessera di partito (che pure in passato ha avuto decisiva importanza) quanto la conclamata appartenenza a un clan ideologico . Basti pensare a una decina di autori di successo e domandarsi da quale parte stanno.

D. E’ possibile, oggi, che un grande scrittore non venga mai scoperto e resti per sempre nell’ombra?
R. Spero che il caso Morselli non faccia testo.

D. Qual è il tempo massimo di fama per un mediocre scrittore asceso agli allori per ragioni “promozionali”?
R. Dubito che un autore mediocre passi alla storia.

D. Quando metti la parola fine a una tua opera, hai la consapevolezza di quanto sei riuscito a dare o a non dare?
R. Quando finisco uno scritto credo di essere consapevole di quello che sono riuscita a dare. Però per me il problema non è dare, ma semmai fare, o dire.

D. Hai mai provato il desiderio di rinnegare qualcosa che hai scritto?
R. Non ho mai rinnegato niente.

D. Leggere un’opera altrui che giudichi eccellente ti stimola o ti scoraggia?
R. Il bel lavoro di un altro scrittore mi riempie di ammirazione, mi stimola e mi incoraggia.

D. Hai già scritto l’opera che hai sempre voluto scrivere?
R. Non esiste l’ opera “che avrei sempre voluto scrivere”. Mi basta quello che faccio di volta in volta, anche se vorrei lavorare con maggiore costanza.

D. Cosa ami del mondo e del tempo in cui vivi? Cosa detesti?
R. Partendo dalla premessa che amo la vita, e pensando al passato recente e antico, nutro sentimenti di non belligeranza verso il mondo attuale pur vedendone molti aspetti negativi e inquietanti. Poiché ci vivo, per combattere quello che non mi piace, mi sono sempre comportata da individualista non conformista, non ho mai cantato nei cori, e ho sempre pagato consapevolmente le conseguenze del non essere allineata. Detesto la mala fede, l’incoerenza, il protagonismo, la prepotenza, la falsità, l’ingordigia . Detesto il culto del Dio Denaro che sembra diventato l’unico valore del nostro tempo e in nome del quale si compiono nefandezze planetarie e meschinità individuali. Non sono però una nostalgica del passato. Penso che ogni epoca abbia avuto mali da non rimpiangere (il ‘900 ha battuto ogni record con i campi di sterminio) e sono convinta che il male, qualunque male, faccia scuola. Il buon tempo antico è una favola postuma.

D. Quale luogo comune, imperante nel nostro tempo, vorresti sfatare?
R. Spero di riuscire a non farmi fraintendere. Di luoghi comuni ce ne sono a migliaia, molesti o ridicoli, ma adesso ce n’è uno che sta diventando una specie di ritornello fine a se stesso: “la pace nel mondo”. In un’intervista recente sui regali di Natale ho visto donne dagli occhi avidi, vecchiette golose di panettone, bambini ansiosi di avere tanti regali che, invece di esprimere i loro veri desideri natalizi sostenevano di aspettare sotto l’albero “la pace nel mondo”. Bugia. Peccato che una nobile utopia sia diventata un luogo comune.
Altri luoghi comuni molto fastidiosi per me sono: la scelta, il dialogo (ah se si dialogasse di più!), il dovere d’informazione, la libertà (che il più delle volte è prepotenza che non tiene conto di quella altrui), i diritti (senza doveri ), il bisogno di esprimere se stessi.

D. Qual è il valore più importate che ritieni vada difeso o recuperato?
R. I valori che considero più importanti sono la coerenza individuale in tutti i campi del vivere, la sincerità con se stessi, il rispetto dei nostri simili accompagnato da vera solidarietà. Per vera solidarietà intendo quello che ciascuno di noi può veramente dare o fare e non quello che a gran voce pretendiamo che facciano gli altri.

D. Dando un voto da 1 a 10, quanto sono della persona e quanto del “personaggio” le tue risposte in questa interSvista?
R. Non mi sono mai considerata personaggio e quindi 10 alla persona.

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