Riposa in pace, Fabo. E’ l’ora di dirlo, per poi tacere tutti assieme e lasciarti andare dove il dolore, l’avvilimento, la disperazione non esistono più; ovunque questo “aldilà” si trovi.
Morire. Lo hai voluto fortemente ed alla tua angoscia si è sommato ancora il divieto, la negligenza indifferente dei legislatori, il facile pietismo dei sani. E poi ecco la ridondante contesa ideologica ad infierire ancora, ipocrita e distante, sulla tua sofferenza invece così vera e così straziante.
Pugno di cenere che tu ora sia, o anima in volo verso una quieta Immensità, non credere, ti prego, che il Dio nel quale io pongo la mia fede sia lo stesso che ti ha voluto, in questa vita, tanto affranto e prostrato da non desiderare che la fine. Il mio Dio abita nella mia stessa compassione, Fabo. Compassione, e non caritatevole pietà: desiderio, piuttosto, di provare assieme a te tormento e gioia, strazio e sollievo sentendoli anche nostri.
Il Dio di cui parlano gl’inetti, di cui blaterano impostori e farisei, quello sì che non esiste. L’unico, tangibile e presente, è il Dio della conoscenza e della comprensione. Lui conosce la nostra fragilità e non la condanna. Non punisce la nostra debolezza, perché la comprende.  Lui sa con quanta passione hai amato la vita e quanto ti è costato rinunciarvi.
E se qualcuno ha tentato d’insinuare in te il dubbio di avere optato per la soluzione “dannata”, sappi che è lui l’imperdonabile blasfemo. Dunque riposa nella pace tanto sospirata, Fabo: nel nostro e nel Suo dolcissimo, amorevole abbraccio.
A/6

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