Reverendo signor Imam della moschea d’una qualsivoglia città europea,
come vede, per non farLe cosa sgradita, mantengo sin d’ora le distanze rinunciando al “caro signor Imam”; una confidenza per Lei senza dubbio sconveniente da parte di una donna, per giunta di religione e cultura cristiano-europea.
Affido comunque al piccione viaggiatore questa mia per rivolgere a Lei e a tutti i Suoi confratelli, guide spirituali delle comunità islamiche, un’accorata preghiera laica. Anzi no: più che altro esprimo un desiderio che so essere condiviso da un preponderante numero di miei concittadini, connazionali, con-continentali.
Superfluo ricordaLe che, mente a Bruxelles si commemoravano ufficialmente le vittime degli attentati di Zavantem e di Maelbeek (32 morti, 226 feriti gravi), a pochi passi dal parlamento inglese – il più antico del mondo – l’integralista islamico Khalid Masoodha ha compiuto un’ennesima strage nel nome del preteso “Califfato”.
Non è stato difficile supporre la reazione dei musulmani moderati: per voce dei loro imam hanno affermato la totale estraneità al gesto assassino. Hanno riconfermato i loro intenti di pacifica convivenza con l’intero Occidente che li ospita; hanno dipinto il solito ritratto di Masoodha come di un pazzo esaltato, radicalizzato in carcere. Alcuni si sono spinti a fare qualche comparsata televisiva piena di rammarico e di contrita dissociazione.
Bene. Bene, così come possiamo dare per scontata la significativa presenza di qualche imam (moderato) ai funerali delle quattro vittime, quando verranno mestamente celebrati. Bene, reverendissimo Imam (moderato), ma tali dimostrazioni di solidarietà (moderata) del mondo islamico in casa nostra, non ci bastano più.
Pur essendo certi che l’interpretazione integralista del “vostro” Corano appartiene a un’innegabile minoranza, dopo tanti episodi di odio assassino, di crudeltà dissennata, di stragismo più o meno organizzato – e faccio riferimento solo a ciò che accade, di barbaro, sul nostro territorio – vorremmo tanto che l’islamica moderazione della maggioranza dei seguaci di Allah si facesse un tantino più risoluta, e dunque più convincente.
Arrivando al punto: lo sa, stimatissimo Imam, quale sarebbe il nostro – fino ad oggi disatteso – desiderio? Quello di vedere l’intero popolo  musulmano (e non i soliti quattro gatti sfusi!) scendere in piazza per dire un NO senza appello e del tutto privo di se e di ma alle “vostre” minoranze omicide. E per spiegarmi meglio ricorrerò ad un esempio facilmente, felicemente visualizzabile.
Immagini Parigi, la capitale europea ad oggi più colpita dalle “vostre” appendici impazzite.
Immagini l’intera, spaziosa, solenne Avenue des Champs Elysées gremita all’inverosimile di una folla musulmana che, partendo dall’Arc de Triomphe, discende quieta verso Place de la Concorde.
Immagini un milione, almeno un milione di islamici, giovani e vecchi, uomini glabri o barbuti, donne in colorati hijab, neri niqab o chador o a capo scoperto che si fanno precedere da striscioni di pace, intonando slogan di serena coesistenza e inalberando cartelli… Ecco sì, come quello che compare in cima a questa lettera.
Immagini che questa folla compatta, esorbitante e (se non è troppo sforzo) sorridente, invada la sterminata place de la Concorde, faccia qui una sosta ristoratrice per poi spingersi, tra il  verde delle Tuileries, fino a circondare la piramide del Musée du Louvre.
Immagini che sì, che il punto d’arrivo dell’immenso corteo musulmano sia proprio il Louvre, cioè un tempio. Non una chiesa, non una moschea o una sinagoga, ma il tempio della cultura millenaria della “nostra” civiltà e dalla sua stupefacente Arte.
Immagini che l’approdo della laica processione sia un implicito attestato di rispetto, se non di ammirazione, per la storia passata e presente della società che vi sta offrendo accoglienza. Non sarebbe, questo, davvero un segno di comunanza?
Ed ora, signor Imam, smetta d’immaginare e inizi a riflettere, invece. Se, ad esempio, non stia diventando una pretesa incongrua, da parte della vostra maggioranza colma di morigeratezza, restare trincerata nel silenzio di massa a fronte dei crimini commessi dalle “vostre” schegge impazzite. Se possa bastare, alle “nostre” masse, qualche isolato e debole mormorio di esecrazione. Se non sia quantomeno comprensibile che l’intolleranza degli autoctoni finisca per danneggiarvi tutti, temperati o integralisti, mano a mano che il sangue europeo indebolisce le giuste distinzioni.
Adesso rifletta ancora, per cortesia, su ciò che nessuno di noi si lascerebbe imporre, senza lotta, in casa propria. Mai accetteremmo l’abdicazione ai nostri valori; mai permetteremmo la resa ad un sistema totalitario, gretto, discriminatorio, violento; meno che mai ci faremmo trascinare nel trucco pretestuoso, unilaterale, osceno di una guerra di religione.
Manca oramai troppo poco, insomma, perché il vostro moderato, distaccato e pusillanime tepore divampi in un rovente e rovinoso conflitto razziale. E allora perché non scendere davvero in piazza, tutti, come l’uso occidentale vi consente in piena impunità, affinché la dissociazione dell’Isalm amico dalla barbarie sia finalmente totale, chiara, inequivocabile?
Forse, caro (sorry, egregio) Imam, perché Lei manca proprio d’immaginazione. Da noi, invece, un musicista inglese ha composto, già decenni or sono, la canzone diventata – motu proprio – inno popolare dei nostri migliori intenti. Sa come s’intitola, signor Imam? S’intitola “Imagine”, pensi che caso!, ed ha un semplice, gran bel testo.
Qualora volesse ascoltarla, non deve intraprendere che due facilissime strade: fermare chiunque per una via occidentale e chiedere: “mi accenni un pezzetto di “Imagine?”. Saprà farlo, si fidi. Oppure, se preferisce trarre ispirazione dalla versione integrale, clicchi qui: https://www.youtube.com/watch?v=3wsYM1GgQLU
E
poi immagini, signor Imam: immagini di più e meglio. Ora La saluto, sperando di incontrarLa molto presto. Possibilmente, doverosamente a Parigi.

A/6

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