Egregio dottor Tommaso Ricozzi (detto Tommy),
leggo su Repubblica che Lei fa parte dei cento “furbetti” i quali, invece di prestare servizio medico – come da contratto esclusivo – all’ospedale Loreto Mare di Napoli, si sgranchiva le gambe sul campo da tennis.
Comprendo che tante ore di lavoro all’interno di un nosocomio da lei definito “ospedale di merda” nel quale resta solo per non perdere 45mila euro annui, sia malsano e stressante, ma mi sfugge quale nesso abbia il Suo disagio con le presenze costanti presso una seconda struttura sanitaria: il Centro Augusta, privata e di parziale proprietà di famiglia (ovviamente la Sua).
Ordunque, la prego, m’illumini: sarà forse che la Sua propensione a frequentare Capri d’estate e Madonna di Campiglio d’inverno; che il suo presenziare ad ogni edizione di Miss Italia la portano a dividere l’umanità secondo un criterio estetico? Posso ipotizzare, insomma, che Lei tragga un alto piacere professionale nel radiografare le ossa dei bellocci paganti, piuttosto che le frattaglie di patetici e mutuati “pazienti di merda”? Se sbaglio, per cortesia, mi rimandi indietro questo Piccione Viaggiatore con la Sua spiegazione alternativa.
L‘ha già data al giornalista di Repubblica, lo so: ha piagnucolato un po’ affermando che nessuno prende in considerazione il terribile stress “emotivo” a cui il lavoro la sottopone, che è vittima, come i 99 assenteisti suoi consimili, di uno sconcio attacco mediatico.
Premesso che i carabinieri del NAS, un pubblico ministero ed un giudice istruttore non la pensano così ma che Lei è pronto a dimostrare l’ingiustizia di tali accuse, vivamente La prego di farlo in fretta. Altrimenti sarò costretta a dedurre, assieme a una miriade di altri piccoli e insulsi malpensanti, che Lei sia troppo “emotivamente” fragile per fare il medico: a Napoli e ovunque. Che Lei sia troppo “emotivamente” scompensato per accettare una realtà più ricca di persone disagiate e sofferenti che di habitué della tele-vita mondana e sportiva. Che Lei ed i Suoi esuberi di “emotività” siate, in sostanza, personaggi di una squallida commedia all’italiana della quale non se ne può più.
Immagino senza sforzo che Lei, incapace di credersene parte, definirebbe questa categoria “guitti di merda”.
A/6