LE ALTRE LIGURI DEL 2018
di
Marco Morello

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Una ligure apocrifa

Ci tocca sentire i resoconti
di chi ci è stato per poco,
vedere foto estemporanee
carpite dal treno o dal terrazzo,
sentire di percorsi alternativi
per sfuggire alle pattuglie
appostate negli anfratti,
e infine vedersi arrivare
tre borsate di limoni marzolini
dalle fogge più strane
e arzigogolate,
oltre ai giganti simili a cedri
dal mare solo vagheggiato.

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Farfalle di varia natura
veleggiano fra chiome d’oleandro
frasche di limone e tralci di crassula
fioriti all’inverosimile

la macchia ligure
fa sfoggio di sé
all’abbaglio del luglio
con ulivi, pinastri e palmizi

ma sfoltiamo capperi e podranea
che impediscono l’accesso
alla ‘casa de campo’
impervia Marulanda

e verso sera irrigheremo
le risibili aiuolette
nell’attesa sospesa
dell’acquazzone salvifico

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“Ananke”

Tracotanti piccioni
da est a ovest
si rincorrono frenetici
ben sapendo
o disconoscendo
che più tardi svoleranno
da occidente a oriente
sempre presi dalla necessità
dea primordiale
che li fa muovere
come pedine di un sogno

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“A Eusebio, toujours”

Tralci tremuli di cappero
alla brezza meridiana
recanti gemme fiori e frutti
in contemporanea
destinati alla salamoia

ma restando nella luna che addiaccia
vedere con lieta consuetudine
com’è solo la morte e la sua quiete
e in quell’interrompersi v’è una siepe
che in fondo ha tappi molli di borraccia.

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Piccioni da sinistra a destra,
quelli del rapido delle tredici e dieci,
ma visti dalla spiaggia
sarebbero quelli da destra a sinistra…
Tutto è relativo
in questa macchia pacchia mediterranea
e il ponente ligure
non ne può niente…
Il cielo si sta rannuvolando
la spiaggia si va diradando
per il turno meridiano
o l’enea pomeridiano…
L’ennesimo treno
imbocca la galleria
della Capra Zoppa
verso il Finale…
Poco prima del finale
tra FinalBorgo e FinalPia
sposteremo l’asticella
dell’ultima inondazione

quelli che non si muovono mai

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“Turnerìa”

L’emiciclo ombrellifero
esprime realtà variegate
e fisicità straripanti
(a volte entusiasmanti)
a due passi dall’onda

inavvertito transita
senza sferragliare
il treno jazz elegantissimo,
manco fosse un pendolino
o un italo pendolare

migrazioni coraniche
si scambiano direttrici
o presidi (o presìdi?)
chi correndo da destra a sinistra
e chi viceversa

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La vite americana
ha invaso il fico d’india
all’ombra del grande carrubo
che non è più da anni

I vecchi amici della pinnacola
ci abitavano sopra
ma ora sono davvero troppo vecchi
e stenti

Restano i panni stesi
a dondolare e olezzare
schermando la brezza rinfrescante
in quest’afa estiva

Restiamo noi a disputare
sul meglio da farsi
per tirare avanti
decentemente

La pagina dell’agenda
ospita righe incerte
a una data che non è
quella odierna.

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Contendiamo mele rosse
alla voracità dei calabroni,
ma tante ne cascano
e di poche godiamo

più fortunati saremo
coi ricci doppi dei marroni
in stagione propizia
alla bacchiatura

Qui sulla riviera
son maturate
le bacche color del ribes
dell’albero del pepe

mentre grappoli d’uva nera
insistono a svettare
irraggiungibili
avvinghiati alla mimosa

E quei pochi limoni
liberati dalla cocciniglia
ce li porteremo a casa
quantunque acerbi

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La cicala frastornante
visibile e ancor più udibile
sul tronco di un pinastro
alla scarpata ferroviaria

La solita libellula tremula
o una sua discendente
impavida sul vertice
del rametto secco di limone

Formiche argentine in fregola
e in formazione sparsa
attirate dalla carcassa
di una vespa tropicale

Non mi resta che arginare
l’assedio degli insetti
con velature multiple
e lozioni protettive

Ma col tempo ahimè
la pelle s’è fatta coriacea
e sto finendo di leggere
tutti i libri.

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L’ibisco pare avere l’incarico
di esprimere ogni giorno
almeno due ‘ciocche’ scarlatte
e lo assolve brillantemente

Le foglie di zucca gigante
s’intromettono
nella chioma della salvia
ad alberello

Tralci di senape
fioriti di trombette
tentano di non farsi tarpare
crescendo nell’impossibile

Noi dovremmo ridurre
l’albicocco malato
attaccato dai parassiti,
ma la pigrizia ha la meglio

Più in alto
lecci e conifere
proteggono i segreti
di spelonche neolitiche

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Mi ritaglio spazio vitale
nel perimetro dell’ombra,
giocando col sole
che tende a spostarlo

La linea di costa
ogni notte
subisce modifiche
dettate dall’onde

D’altronde il ritmo
dello sciabordìo
è livellato
da brezza radente

Variopinti e assortiti
ci abbarbichiamo
all’estremo lembo
di quest’estate.

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